Luana D’Orazio è morta a 22 anni, lasciando un figlio di 5, il 3 maggio 2021 a Prato, uccisa da un orditoio a cui erano stati disattivati i sensori di sicurezza. Sabato scorso a Sansepolcro a lei è stata dedicata la cerimonia di conferimento del Premio Cultura della Pace e del Premio Nonviolenza. La scelta, annunciata da Leonardo Magnani mentre lo schermo dell’Auditorium di Santa Chiara proiettava la foto sorridente della ragazza, ha commosso il pubblico e ha concluso una giornata in cui proprio il lavoro e la sua dignità erano stati centrali.
La stringente attualità del tema e l’importanza di affrontarlo erano evidenti anche prima della tragedia di Calenzano che si è verificata poche ore dopo. Basta guardare gli ultimi dati resi noti dall’Inail, relativi ai primi 10 mesi del 2024, per leggere di un aumento delle denunce di “infortunio con esito mortale” (da 868 a 890) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in particolare nel settore dell’industria (da 293 a 334), con una crescita in Toscana da 39 a 49. Numeri destinati a salire quando nel conteggio verranno inseriti quelli degli ultimi giorni.
“E nelle fiamme di sei metri e via / passi da uomo a fotografia”, dice Stefano Massini accompagnato al pianoforte da Paolo Jannacci nel video de L’uomo nel lampo, proiettato all’inizio della cerimonia di conferimento al cantautore del Premio Cultura della Pace 2024. Proprio Jannacci ha raccontato la genesi del brano ricollegandolo a un testo storico, Construção di Chico Buarque de Hollanda, il grande esponente della música popular brasileira che già nel 1974 aveva cantato di un operaio morto cadendo da un’impalcatura, disturbando il traffico e il passeggio del sabato.
Mentre Jannacci parlava non sono passati inosservati gli occhi lucidi di Alessandro “Snupo” Tapinassi del collettivo di fabbrica della Gkn di Campi Bisenzio, a cui il comitato scientifico del Premio Cultura della Pace ha conferito una menzione speciale. Dagli improvvisi licenziamenti del 9 luglio 2021, e attraverso il loro annullamento da parte del tribunale del lavoro e poi il cambio di proprietà che ha portato ai nuovi licenziamenti del 2023, la lotta del collettivo è diventata un simbolo di straordinaria mobilitazione.
La rete che si è messa in moto ha saputo costruire un piano di reindustrializzazione dal basso e mettere in piedi un progetto di azionariato popolare che ha raccolto prenotazioni per oltre un milione e duecentomila euro, che verranno effettivamente versati quando il piano industriale potrà prendere il via. Nel frattempo si attende l’approvazione della fondamentale proposta di legge regionale sui consorzi pubblici di sviluppo industriale elaborata dallo stesso collettivo.
In un’epoca in cui i lavoratori sono sempre più indeboliti e disgregati, l’esempio del collettivo della Gkn risalta in maniera particolare, mostrando che è ancora possibile cercare di resistere alla spoliazione dei diritti e della dignità del lavoro. Ne ha parlato con chiarezza Tapinassi a Sansepolcro, nella tavola rotonda moderata da Michele Casini: “Siamo da 12 mesi senza né stipendio né cassa integrazione e vi posso assicurare che vedere gli amici, quelli che ancora reggono, senza un soldo, perché magari nel frattempo sono stati anche alluvionati, non è bello. Però abbiamo un mondo solidale fortissimo che ci sta vicino e noi cerchiamo di stare con gli altri, di portare un messaggio di pace in cui non esiste un singolo problema ma esistono i problemi delle persone”.
Snupo ha commentato l’impegno del collettivo nell’aiuto agli alluvionati in varie zone d’Italia e nella mobilitazione per la pace, l’ambiente e in tutte le lotte dei lavoratori. “Era il minimo sindacale”, ha detto. “Oggi ognuno deve prendersi le sua responsabilità e chiedersi che tipo di persona vuole essere, per questo è importante stare uniti e cercare di mettersi a disposizione con i nostri valori per cercare di creare un mondo migliore”.
Del resto, ha aggiunto Tapinassi, “questo per il mondo è un momento molto pericoloso, e la risposta è solamente nell’empatia e nella ricerca di quei valori umani che sono la base della civiltà: la nonviolenza, la verità, la rettitudine sono le cose che ci possono salvare. Se non andiamo in quella direzione, se ognuno spera di cavarsela per conto suo alla fine non se la cava nessuno. Stare nella lotta ci innalza tantissimo, ho visto compagni di lavoro che in un momento così difficile non si sono chiusi in sé stessi e sono diventati dei monumenti, mentre tante altre persone purtroppo le ho viste deprimersi. Chi non cerca di aprirsi agli altri crolla”. E allora “diciamo maledetto 9 luglio, però quel 9 luglio e tutti i giorni a seguire sono serviti a farci capire di che tempra eravamo fatti. Se cerchiamo di esserci per gli altri allora la vita prende senso, ed è quello che con tutti i nostri limiti cerchiamo di fare”.
Proprio illustrando la menzione speciale del Premio al collettivo Gkn, Leonardo Magnani aveva ricordato lo stretto legame fra dignità del lavoro, cultura della pace e nonviolenza: “Quanti fondi drena l’economia di guerra al lavoro, quante scelte vanno a togliere risorse al sociale, quanta violenza strutturale c’è all’interno di un lavoro precario e senza diritti, quanta guerra c’è all’interno di un mondo del lavoro che viene messo a repentaglio ogni giorno!”, aveva detto il fondatore dell’Associazione Cultura della Pace.
E il tema è stato ripreso da Alessandro Tapinassi con un’immagine fortemente simbolica: “Il nostro stabilimento è in via Fratelli Cervi numero 1, i fratelli Cervi vennero uccisi dai nazisti. Se uno si sposta di 500 metri c’è lo stabilimento della Leonardo che esporta le armi in Israele e in tutte le parti del mondo. Vediamo i tagli alla sanità, alla scuola, vediamo le persone anziane sempre più in difficoltà, e l’unica fabbrica che sta funzionando è la Leonardo. Di questo si deve parlare, perché se smettiamo di spendere i soldi nelle armi e nella distruzione forse può tornare anche il lavoro”.