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Massimo Cacciari: “Le riflessioni suggerite dalla Madonna del Parto possono aiutarci a migliorare noi stessi e la società”

A Casa di Piero, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, il filosofo veneziano ha proposto una lettura teologica dalle evidenti implicazioni etiche e culturali

A volte l’arte può stimolare riflessioni di notevole portata teologica e filosofica. Una riprova di ciò si è avuta sabato scorso, quando a Casa di Piero Massimo Cacciari ha presentato il suo ultimo libro (La passione secondo Maria, Il Mulino, 2024). L’evento, organizzato dalla Fondazione Piero della Francesca, è stato infatti in grado di far emergere spunti che, nel proporre una rilettura della figura della Vergine, hanno riportato la donna al centro dell’economia divina, ponendola attivamente come perno della creazione del mondo e associando lei il concetto di amore essenziale che si manifesta attraverso il perdono incondizionato.

Dopo un’introduzione della prof.ssa Francesca Chieli, nella sua seguitissima esposizione (trasmessa anche on-line grazie alla diretta streaming) il filosofo veneziano si è subito soffermato sulla Madonna del parto di Piero della Francesca, spiegando come quest’opera riesca a mostrare la doppia natura di Maria: quella terrena e quella trascendente. La maestria di Piero è riuscita, secondo Cacciari, nel miracolo di raffigurare l’essenza reale di una donna del territorio (vestita con gli abiti quattrocenteschi del suo tempo), con una dimensione metafisica e monumentale che è espressione di una perfetta architettura che si origina dai numeri e dalla geometria di una divina proporzione. La mano della Vergine sopra la veste slacciata si trova, infatti, al centro di una composizione prospettica, all’interno della quale si può riconoscere un dodecaedro, la cui faccia pentagonale riportata in primo piano è definita dagli angeli e le tende: attorno a questo solido, che secondo Platone rappresenta il cosmo, si colloca un cerchio, ovvero il simbolo dell’infinito. Attraverso questa matrice geometrica Piero vorrebbe dunque mostrare che l’ordine delle cose visibili, appunto il cosmo, si colloca prospetticamente entro il concetto di infinito e che la Madonna, posta sull’asse centrale di entrambe le forme, è l’entità che partecipa attivamente alla creazione. Secondo questa interpretazione ella appare dunque come una figura reale che però viene percepita come una creatura che si identifica con l’eternità.

In altre parole, nella Madonna del parto, l’incarnazione implica la realtà di una donna che non è solo contenitore del logos, del seme divino, ma accoglie liberamente l’annunciazione; lo fa in maniera consapevole, dubitandone, meditandola e ciò viene espresso meglio dalla pittura che dalla teologia. Per Cacciari è doveroso riabilitare questa interpretazione, così da poter nobilitare pienamente la donna e il ruolo di primissimo piano che ha avuto sia da un punto di vista iconologico che teologico.

Dopo questo primo spunto il relatore ha proposto un raffronto tra la figura della stessa Madonna e quella del Cristo della Resurrezione. Focalizzandosi sui volti, Cacciari ha fatto notare come lo sguardo del risorto dia l’impressione, a chi osserva, di essere guardato: il suo è dunque un atteggiamento che invita l’uomo a giudicarsi e ciò rispecchia un carattere che l’iconologia ha sempre attribuito al figlio di Dio, ovvero quello che concerne, per appunto, la facoltà di giudicare. Di ciò si trovano numerose testimonianze nel mondo dell’arte – tra tutte il Giudizio universale di Michelangelo – ma anche altrove, come nella Divina Commedia di Dante. Lo sguardo della Vergine che Piero propone nella Madonna del parto, invece, è rivolto verso il basso ed evita di guardare i fruitori dell’opera. Questo significa che ella non è interessata a giudicare, quindi tale comportamento è espressione di un amore essenziale e incondizionato; una forma di donazione assoluta che per la società contemporanea è difficile anche solo da concepire. Anche da questo punto di vista, per Cacciari, la Madonna ritratta da Piero contiene un profondo fondamento teologico che, se recuperato, potrebbe indurre le persone a fare proprio il valore autentico del perdono.

Infine, rimanendo sempre sul volto della Madonna del parto, il filosofo veneziano ha spostato la riflessione su un altro aspetto delle iconologie mariane: quello dell’età della Vergine. In diverse rappresentazioni, come nell’affresco di Monterchi o nella Pietà di Michelangelo, questa appare giovane, quasi coetanea di Cristo. Questo particolare carattere sembra dunque suggerire un’interpretazione secondo la quale la figura di Maria rifugge le circostanze, nel senso che non è solo una madre, ma anche una figlia, una sorella, ecc. In definitiva, tutto questo, oltre a farci ricordare i concetti di dono, perdono, violentia caritatis, dovrebbe indurci a comprendere tutto ciò che non siamo, ovvero la capacità, ad esempio, di essere sposi, amanti, fratelli e così via. Se oggi, a partire dall’arte, si riuscisse a fare esercizio di ciò, quindi ad andare oltre il mero aspetto estetico, certe opere, come quelle di Piero, potrebbero fornirci l’occasione – a prescindere dalle sensibilità religiose – di migliorare noi stessi e la società in cui viviamo.

La relazione di Massimo Cacciari si è chiusa così, con una netta curvatura che, sulla falsariga di quanto avevano provato a fare gli artisti e gli intellettuali durante il Rinascimento, ha consentito di ricondurre gli stimoli emersi in ambito teologico e filosofico entro una prospettiva di possibile ridefinizione futura dell’umanità.

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