Per gli appassionati di musica non c’era un modo peggiore per chiudere il 2024. In maniera improvvisa, quasi beffarda, l’ultimo giorno dell’anno si è portato via il cantautore e chitarrista Paolo Benvegnù, una personalità di straordinaria caratura umana e artistica che negli ultimi tre decenni ha contribuito a fornire preziosi impulsi vitali all’intero panorama musicale italiano contemporaneo. Ciò, del resto, era stato comprovato anche di recente quando, con l’album “È inutile parlare d’amore”, si era aggiudicato la Targa Tenco 2024, un riconoscimento che era arrivato dopo una lunga carriera, intrapresa dapprima come membro della band anni ‘90 degli Scisma e successivamente, dal 2000 in poi, come solista. Tanti anni di dedizione alla musica, alla produzione di testi con una spiccata levatura poetica, senza mai lasciarsi schiacciare dalle vicissitudini di un mercato discografico che raramente riesce a conciliare il parametro della qualità artistica con quello quantitativo delle vendite. In questo scenario Benvegnù era una roccaforte, un rifugio illuminato da una rara e perpetua forma di rassicurazione: quella che anche al di fuori della più spicciola notorietà del mainstream, sotto una sorta di pellicola sintetica che sembra asfissiare i processi creativi, possono esistere sacche di poesia, coerenza e umanità di eccezionale valore.
Un valore che, sulla scia del riconoscimento sopra citato, nei prossimi mesi avrebbe forse potuto far conoscere il cantautore anche a un pubblico più vasto. Purtroppo però, in maniera brutale il destino ha deciso di interrompere questo possibile prosieguo, creando una netta cesura tra passato e futuro; spegnendo una luce sotterranea che forse a breve sarebbe potuta emergere a illuminare il presente della produzione musicale italiana e non solo.
Dallo shock che l’improvvisa morte di Paolo Benvegnù ha generato, si sono quindi nelle ultime ore levati numerosi messaggi che hanno voluto ricordare il cantautore milanese, sia per la sua musica, sia per i suoi modi gentili e autentici che lo guidavano nel suo lavoro, quindi per tutto quello che, in maniera più ampia, si era trovato a rappresentare in questi anni. Al coro di tutti coloro che, in tutta Italia, si sono espressi attraverso i social network, non può certamente essere ignorato un flusso di post che è partito dall’Alta Valle del Tevere, ovvero da un territorio con cui il cantautore aveva uno storico legame di appartenenza: dalle numerose esibizioni, i periodi di residenza artistica, le lunghe permanenze, fino alle tante persone a cui era legato da un duraturo legame di amicizia. Benvegnù era praticamente di casa in questo territorio e ciò grazie, innanzitutto, ai concerti e alle iniziative culturali organizzate, ad esempio, a Sansepolcro in occasione delle edizioni del festival di Kilowatt del 2012 e del 2014 (quando fu invitato da Michele Corgnoli ed Effetto-K a ricostruire la sua biografia attraverso il format di “Sei pezzi facili”), oppure a Città di Castello durante l’edizione del 2015 di CaLibro. Da ricordare è, inoltre, la residenza artistica che nel 2019 vide Benvegnù soggiornare, assieme a Marco Parente, a Caprese Michelangelo per dare origine a “Lettere dal mondo”, uno spettacolo che poi, durante le vacanze di Natale dello stesso anno, fu presentato presso la sala degli ammassi di Citerna.
Il radicamento di Paolo Benvegnù con l’Alta Valle del Tevere si deve però anche a un periodo di circa tre anni che vide il cantautore milanese risiedere stabilmente a Città di Castello. Lodovico Rossi (in arte Riverso), musicista altotiberino, ricorda quel lasso di tempo compreso tra 2012 e 2015 in cui ha avuto modo, come tanti altri, di rafforzare la sua amicizia con Paolo, un artista che invece di ricercare i riflettori e la notorietà aveva deciso di trasferirsi in un luogo antico che però – stando a quanto riporta lo stesso Rossi – sapeva, a suo modo, di vedere ancora concedere spazi di liberà e bellezza.
Proprio durante tale permanenza nella cittadina umbra si sarebbero quindi formati e consolidati legami artistici, professionali e di amicizia tra Benvegnù e diverse altre persone di un territorio che, nel ricongiungere spontaneamente il versante umbro con quello toscano, ha evidentemente saputo fornire all’artista gli adeguati stimoli creativi per nutrire la sua sopraffina arte compositiva musicale e poetica.
