Davide Pecorelli, il 50enne ex imprenditore di Selci Lama e in passato anche arbitro di calcio, è agli arresti domiciliari in attesa dell’estradizione in Albania, firmata dal ministro della giustizia Carlo Nordio. Pecorelli, che ha quattro figli e con il padre 90enne e un fratello, deve scontare quattro anni di carcere per truffa aggravata, profanazione di tombe e intralcio alla giustizia.
I fatti – come noto – si riferiscono al 2021: la scomparsa a inizio anno, il ritrovamento di ossa umane all’interno di un’auto data alle fiamme per inscenare la morte e poi la ricomparsa in vita dopo nove mesi nel mar Tirreno, vicino all’isola di Montecristo, dove aveva dichiarato di voler cercare il tesoro del conte.
La decisione dei domiciliari è maturata nelle ore precedenti da parte della Corte d’Appello di Perugia, con il procuratore che aveva chiesto la custodia cautelare in carcere per il pericolo che Pecorelli potesse darsi alla fuga prima dell’estradizione. I legali, avvocati Andrea Castori e Massimo Brazzi, avevano preparato il ricorso al provvedimento. Pecorelli continua a definire ingiusta l’estradizione, anche in considerazione dei problemi fisici che attraversano il padre e il fratello.
La procedura prevede per lui l’accompagnamento in un aeroporto italiano, il volo e la traduzione in un penitenziario albanese e qui sarà il giudice a stabilire se adottare la detenzione preventiva o i domiciliari in attesa dell’appello. È bene pertanto sottolineare che ancora la sentenza a suo carico non è definitiva. Gli avvocati Castori e Brazzi hanno insistito sulla sproporzione della pena inflitta al loro assistito in base al sistema albanese, puntando sul fatto che lo stesso reato comporta sanzioni più attenuate nel sistema italiano, ma la Cassazione non ha ascoltato ragioni.
Da parte dello stesso Pecorelli è stato poi diramato un breve comunicato stampa sulla decisione dei domiciliari, che lui ritiene “alquanto discutibile”, ma che comunque ha accettato, nonostante questa esasperi in maniera notevole la sua già precaria situazione familiare. “Voglio rimarcare che la mia intenzione è sempre stata quella di andare in Albania prima possibile – scrive Pecorelli – ma voglio altresì specificare che già nel mese di settembre mi era stato impedito sempre dalla suddetta Corte, la quale aveva applicato il divieto di espatrio. Assieme ai miei legali, ho già chiesto il ripristino della misura precedente anche se, sarcasticamente, sento di ritenermi fortunato in quanto il Procuratore Generale aveva chiesto la detenzione nel Carcere di Capanne. Questa situazione è frutto di un errore del sistema giudiziario nel quale l’unico a farne le spese con la propria libertà sono io. Buona Pasqua a tutti”, conclude Pecorelli.