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Superiori di quattro anni e filiera tecnologico-professionale: gli istituti valtiberini valutano l’attivazione dei nuovi percorsi

I sindacati invitano alla prudenza. Luisa Attaguile (Flc Cgil): “I nuovi indirizzi quadriennali ridurranno l’efficacia dei processi formativi”

A partire dall’anno scolastico in corso è stata avviata una fase sperimentale di una nuova proposta formativa che, con l’intento di avvicinare gli studenti degli indirizzi tecnici e professionali al mondo della lavoro, ha introdotto un nuovo percorso: quello della filiera tecnologico-professionale. A differenza delle opzioni di durata quinquennale che tradizionalmente caratterizzano le scuole secondarie di secondo grado, questa consta di soli quattro anni da fare in classe a cui si aggiungono altri eventuali due di specializzazione affidati a una ITS Accademy, ovvero ad un Istituto Tecnologico Superiore attraverso il quale completare la formazione. Alla fine dei quattro anni gli studenti otterranno un normale diploma, dato che il carico di ore necessario a raggiungere le competenze previste dai quadri ministeriali, sarà tendenzialmente compresso in quattro anni anziché cinque.

Questa nuova formula, fortemente voluta dal Governo, si pone come obiettivo quello di creare un efficace canale tra il mondo della scuola e quello del tessuto produttivo: per raggiungere questo obiettivo, nell’ambito dei quattro anni più due sarà dato grande risalto ad attività formative che si espleteranno alternando, nelle aule e nei laboratori, la presenza dei canonici docenti con quella di alcuni imprenditori locali.

In altre parole, i nuovi percorsi sono stati presentati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito come un’opportunità che potrebbe favorire la piena realizzazione lavorativa di coloro che hanno intenzione di intraprendere un indirizzo di studio tecnico o professionale. Proprio in considerazione di ciò, in questo periodo in cui si sta procedendo a definire l’offerta formativa dei diversi territori, anche nelle scuole valtiberine si sta iniziando a riflettere e discutere sull’eventuale attivazione di tali novità: in un momento storico in cui la popolazione scolastica si è ridotta e diversi istituti sono minacciati da un continuo calo degli iscritti, ampliare il ventaglio degli indirizzi proposti ricorrendo anche – laddove ce ne fossero le condizioni – alla formula del 4+2, potrebbe infatti fornire qualche opportunità in più. Così come accade in altre scuole d’Italia, nel comprensorio valtiberino i docenti stanno dunque iniziando a farsi un’idea sui pro e i contro che si potrebbero legare a tale proposta, dato che eventualmente saranno proprio loro a votare, tramite il Collegio dei Docenti, la richiesta di attivazione.

In considerazione di ciò, al fine di fornire qualche spunto di analisi in più, si riporta di seguito l’intervista che è stata effettuata a Luisa Attaguile, ovvero alla segretaria provinciale della Flc Cgil. Proprio dal fronte sindacale e in particolare a partire da questa e altre sigle come Uil, Cobas, Gilda, ed altri, si sono negli ultimi mesi sollevate critiche, talvolta anche piuttosto accese, nei confronti del 4+2 e della filiera tecnologico-professionale.

Segretaria, potrebbe spiegarci secondo lei quali sono le opportunità e i rischi che si legano a questo nuovo percorso? 

Di opportunità ne intravedo poche, direi piuttosto criticità. Solo a titolo esemplificativo: avremo innanzitutto un impoverimento dell’offerta formativa con la riduzione del percorso in 4 anni e un decisivo aumento delle sole ore di PCTO a svantaggio delle ore di didattica generale e apprendistato anticipato a 15 anni, quindi una formazione al soldo delle imprese. La scuola non sarà il motore per far crescere massa critica, bensì si trasformerà, in un ufficio di collocamento. Grave anche l’ingerenza delle imprese sia nella predisposizione dei curricoli sia nella realizzazione dell’offerta formativa, ricondotta ovviamente alle esigenze dell’impresa stessa, che potrà, inoltre, individuare propri esperti da assegnare alla scuola in sostituzione dei docenti. Pertanto, la situazione critica degli organici docenti andrà a peggiorare. 

Il tessuto economico della Valtiberina ha prerogative tutte sue: queste, secondo lei, potrebbero verosimilmente essere valorizzate attraverso l’interazione scuole-imprese che dovrebbe realizzarsi con il modello della filiera?

Ritengo che il modello della “filiera” (orribile termine se adattato al mondo della conoscenza) sia più vantaggioso per grandi imprese, quelle che economicamente possono permettersi investimenti. Ma il tessuto economico di un territorio è mantenuto vivo, come quello della Valtiberina, dalle numerose realtà produttive di piccole dimensioni che non vedranno benefici da questa riforma. Soprattutto, in un mercato in continua evoluzione con bisogni sempre diversi si avrà bisogno di competenze vaste e non settoriali come invece farà questo tipo di “scuola”.

Con l’eventuale introduzione dei percorsi quadriennali potrebbero esserci ripercussioni occupazionali per i docenti? 

Certamente! Le aziende potranno indicare alle scuole dei propri esperti (il capo reparto, ad esempio) che sostituiranno i docenti. Sappiamo bene, quanto il precariato rappresenti un vero buco nero della scuola pubblica e se pensiamo al fenomeno della denatalità che peserà sul numero delle future iscrizioni a scuola, inevitabilmente i primi a farne le spese saranno proprio quei docenti che potranno essere sostituiti da “esperti aziendali”. Dovremmo combattere la dispersione scolastica con l’aumento del tempo scuola, diminuire il numero di alunni per classe per poter offrire una formazione sempre di più qualità, invece cosa si pensa di fare? Un quadriennale con una offerta formativa limitata e ricondotta alle sole esigenze produttive di quel territorio. 

Oltre a una canalizzazione precoce, quali potrebbero essere i contraccolpi educativi e culturali di questa proposta? 

Si corre il rischio di riordinare e avviare tutti i corsi di studio del secondo ciclo ad una durata quadriennale, reinterpretando così il ruolo dell’istruzione. La scuola deve formare cittadini consapevoli che saranno così futuri lavoratori critici. Noi, come Flc Cgil, da tempo abbiamo lanciato un appello affinché si faccia una riflessione seria, l’idea che abbiamo noi della scuola è quella saldamente affermata nei principi della nostra Costituzione, la scuola per tutti e capace di fornire gli strumenti di conoscenza per ridurre le differenze sociali. 

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