Apprendo con piacere che, finalmente, anche il Comune di Città di Castello ha deciso di dotarsi del PEBA, acronimo coniato per denominare il Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche. In realtà, contrariamente a quanto affermato, il maggior centro dell’alta Valtiberina non è il primo Comune umbro ad averlo redatto, ma è il primo ad avere programmato l’utilizzo dei fondi comunali, regionali e/o nazionali e di quelli del PNNR stanziati per l’accessibilità, che altrimenti sarebbero andati perduti.
Tale strumento è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 32 della Legge 41/1986 e dall’art. 24, comma 9, della Legge 104/1992 per rendere fruibili a tutti i cittadini, nessuno escluso, l’intero organismo urbano, cioè la rete dei percorsi, degli spazi e degli edifici pubblici e privati aperti al pubblico, che su di essi si aprono. Ad oggi, sono 32 le istituzioni regionali umbre che lo hanno redatto, anche se la normativa ne prevedeva l’obbligatorietà già da molti anni. In sostanza il Piano è un censimento accurato delle barriere da rimuovere, della calendarizzazione dei lavori per il loro superamento e dell’accantonamento/reperimento dei fondi per realizzarli.
Va detto che l’eliminazione è molto importante per elevare la qualità urbana e il livello socio-culturale di ogni città, sempre che le amministrazioni ne comprendano le potenzialità e lo realizzino nel migliore dei modi e non soltanto, come purtroppo spesso avviene, per adempiere alla normativa o per verificarne lo stato di fatto.
Nel 2020, proprio per invitare il Comune alla sua realizzazione, collaborai con le associazioni del territorio nella stesura di una lettera che fu inviata al Difensore Civico regionale, ma da allora la situazione non è minimamente migliorata. La cittadina, infatti, continua ad essere scarsamente accessibile e priva di servizi igienici anche per i cosiddetti “normodotati“, servizi che sono indice di civiltà, perché fondamentali per l’igiene e il decoro, utili a tutti e indispensabili per lo sviluppo turistico.
È necessario, quindi, comprendere che l’eliminazione delle barriere non è importante soltanto per le persone con disabilità evidenti, ma anche per gli anziani, i malati di cuore, le persone obese, le mamme con i passeggini, eccetera. Inoltre, ha una notevole ricaduta a livello economico, perché un’attività commerciale senza barriere è in grado di attirare quel settore turistico che negli ultimi anni sta crescendo in maniera esponenziale.
Per chi non lo sapesse, bisogna rimarcare il fatto che le libertà di movimento e di autodeterminazione sono diritti inviolabili della persona, non a caso l’Accessibilità costituisce il fondamento dei principi di uguaglianza e libertà di circolazione garantiti dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione italiana, nonché dalla Convenzione Onu per i Diritti delle Persone con Disabilità, che l’ha inclusa tra i Principi Fondamentali. Quindi è dovere delle Pubbliche Amministrazioni operare per rimuovere gli ostacoli, di qualunque natura, che le inibiscono o le limitano. Il loro scopo principale è proprio quello di “creare valore”: si crea valore quando si ampliano le libertà, il benessere dei cittadini, l’integrazione e la coesione sociale.
L’Accessibilità dell’ambiente, infatti, è uno strumento di valorizzazione della persona e una risorsa collettiva, perché amplia le possibilità di ognuno di dare un contributo personale alla crescita della propria comunità. Si consegue mediante la cooperazione tra tutti i Soggetti, pubblici e privati, presenti in una data realtà territoriale. Essa esige politiche spazio-temporali coerenti alle diverse scale (da quella di dettaglio a quella territoriale), agite da tutti i settori di una Pubblica Amministrazione.
Di certo la sola approvatazione del Piano è del tutto insufficiente, poiché c’è bisogno di un processo in continua evoluzione, che deve essere guidato da un programma di intervento dispiegato nel medio-lungo periodo e, soprattutto, servono fondi pubblici. Fondi che il Comune può, anzi dovrebbe, reperire dalle sanzioni per eccesso di velocità e per parcheggio nelle soste riservate alle persone con disabilità, oltre che dagli oneri di urbanizzazione.
I Piani per l’accessibilità, naturale evoluzione dei Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA), sono programmi di intervento a livello comunale il cui fine è quello di garantire a tutti gli abitanti, mediante una pluralità di azioni, migliori condizioni nella fruizione degli edifici e degli spazi pubblici. Per realizzarli al meglio è fondamentale il coinvolgimento dei portatori di interesse, prime tra tutte le persone con disabilità, che vivono il disagio sulla propria pelle e meglio delle altre conoscono le situazioni maggiormente disagevoli e sanno dare indicazioni puntuali, indispensabili per il loro superamento. Sarebbe opportuno anche l’inserimento di una persona con disabilità, con adeguate competenze, nella commissione urbanistica del Comune, anche in rappresentanza delle maggiori associazioni, come suggerito qualche anno fa dall’architetto Coletti e come sperimentato in vari comuni (anche a Sansepolcro, dove fui inserita durante l’amministrazione Polcri).
Tra l’altro, questo eviterebbe spreco di denaro pubblico in interventi inappropriati, come avvenuto per la Piazza delle Tabacchine, di difficile accessibilità, per la presenza di un cordolo molto alto che rende difficile l’ingresso alle persone in sedia a rotelle, attualmente costrette a fare un lungo tratto, in pieno sole d’estate e senza copertura d’inverno. Per non parlare degli esercizi commerciali, quasi tutti privi di rampa-specialmente quelli di corso-, dei bar, dei ristoranti, degli sportelli bancari, eccetera.
In ultimo, va detto che la normativa prevede che all’interno del Piano vengano inseriti anche i Piani di tutte le Istituzioni presenti nel territorio, come banche, ospedali, case della salute, eccetera… Ed è proprio il Comune che deve imporre loro di realizzarli e attuarli in tempi brevi.
Inoltre è importante conoscere come è stata fatta la rilevazione delle barriere architettoniche da rimuovere, soprattutto se sono stati formati coloro che le hanno censite, perché dipende da questo censimento la realizzazione di un Peba ben fatto, visto che parte tutto da lì. Ottima l’iniziativa di coinvolgere gli studenti, che saranno i cittadini del domani, ma, come effettuato a Sansepolcro, prima c’è bisogno di dare il loro una formazione adeguata, anche facendogli conoscere il mondo della disabilità.
Concludendo, solo attraverso un cambiamento culturale si potrà arrivare alla realizzazione di una cittadina pienamente fruibile da tutti, indipendentemente dalle loro caratteristiche fisiche, di genere e/o psicosociali. Spero vivamente che ciò possa avvenire prima possibile!