Il 28 novembre scorso a Sansepolcro, in occasione dell’evento “Aziende, Giovani e Lavoro” organizzato dalla Fondazione Progetto Valtiberina in collaborazione con UniCredit, il docente universitario Pierluigi Sacco ha tenuto un intervento dal titolo “Innovazione, competitività e sostenibilità in un mondo post-pandemico”. Professore Ordinario di Economia della Cultura presso l’Università IULM Milano, Senior Researcher al metaLAB (at) Harvard della Harvard University e Senior Advisor per l’OCSE, Sacco ha fornito al numeroso pubblico presente nella sala conferenze della Biblioteca comunale un’occasione per riflettere sul futuro del lavoro e sulla produttività alla luce delle sfide della sostenibilità psicobiologica e dell’innovazione.
Il paradigma economico e i limiti del passato
Il professor Sacco ha evidenziato come il pensiero economico tradizionale spesso tralasci la dimensione umana e biologica dei lavoratori, trattandoli come semplici unità produttive. «In economia, gli esseri umani vengono considerati come se non avessero un corpo. È un errore profondo con conseguenze enormi», ha spiegato.
Un esempio emblematico è lo studio sui tassisti newyorkesi, criticati dagli economisti comportamentali per decisioni considerate irrazionali, ma che si rivelano vitali per preservare la salute cardiovascolare in contesti di alto stress. «Questi tassisti non sono affatto stupidi. Sanno che restare in strada durante le ore di punta, con rumore e caos estremi, aumenta il rischio di infarti e ictus. La loro regola di tornare a casa una volta raggiunto un reddito fisso è una scelta di sopravvivenza», ha sottolineato.
La sostenibilità psicobiologica come priorità
Secondo Sacco, la sostenibilità non può prescindere dal benessere psicobiologico dei lavoratori. «Non possiamo chiedere comportamenti sostenibili agli altri, se noi per primi creiamo condizioni di insostenibilità all’interno delle organizzazioni», ha dichiarato. Le aziende devono abbandonare l’idea che lo stress sia sinonimo di produttività, poiché uno stress cronico danneggia le capacità cognitive fondamentali per il lavoro intellettuale, come apprendimento e memoria.
L’Italia, con la sua crisi di produttività decennale, può imparare molto dai modelli dei Paesi nordici, dove orari di lavoro definiti e un equilibrio tra vita privata e professionale favoriscono sia il benessere che l’efficienza. «Quando lavori, lavori. E quando non lavori, non lavori. Questa è la base per un equilibrio sostenibile e una produttività più alta», ha aggiunto Sacco.
Innovazione e nuove frontiere della ricerca
Sacco ha illustrato i risultati di studi avanzati del centro di ricerca BAC (Bio-Biological Arts and Culture for Health), che dimostrano l’efficacia delle attività artistiche nel migliorare benessere e produttività. In contesti difficili, come quello keniota, programmi basati sulla creatività hanno ridotto del 50% la depressione adolescenziale, dimostrando un impatto superiore a quello dei farmaci tradizionali. «Le arti e la cultura sono il regolatore biologico più potente mai inventato dall’uomo», ha affermato.
Lezioni dalla pandemia
L’esperienza pandemica ha spinto molte persone a riconsiderare priorità e luoghi di vita, rivelando l’importanza di ambienti che promuovano benessere e produttività. Sacco stesso ha condiviso la sua scelta di lasciare Milano per l’Abruzzo, sottolineando quanto il contesto possa influire positivamente sulla qualità della vita. «La pandemia è stata un esperimento sociale involontario. Ha fatto emergere il bisogno di ritrovare equilibrio e senso di appartenenza», ha spiegato.
Il benessere al centro
Il professor Sacco lancia un monito: per essere competitive, le aziende devono integrare sostenibilità e innovazione, ponendo al centro il benessere psicobiologico. «Se non mettiamo le persone in condizioni di sostenibilità, non possiamo aspettarci risultati duraturi né economici né sociali». Un messaggio chiaro e urgente, che invita a ripensare il lavoro in termini più umani e sostenibili.