News

PFAS: l’acqua potabile di Arezzo proveniente da Montedoglio è la più contaminata d’Italia?

Dopo la rilevazione di Greenpeace, Nuove Acque ha prontamente fornito rassicurazioni

Prendendo visione della carta d’Italia che riporta i risultati dell’indagine di Greenpeace sull’eventuale presenza di PFAS nelle acque potabili, non può che colpire quel pallino rosso scuro che è stato apposto sopra Arezzo. Con una concentrazione complessiva di 104,3 ng/l, questa città è stata infatti quella che ha fatto registrare il quantitativo più alto di sostanze perfluoro alchiliche, ovvero di composti chimici di sintesi che oltre ad essere considerati “eterni”, in quanto accumulabili e di difficile smaltimento, potrebbero provocare conseguenze negative nella salute umana.

Quanto rilevato ad Arezzo non può non creare implicazioni anche in Valtiberina, dato che il fontanello pubblico dove è stato raccolto il campione è, come tutta la rete di distribuzione aretina, alimentato dall’acqua di Montedoglio. È dunque possibile che la risorsa idrica dell’invaso tiberino presenti un livello di contaminazione che in tutta la Penisola non ha eguali? Già di primo acchito è piuttosto difficile credere a ciò e in effetti, prima di dare credito a una considerazione del genere, è probabilmente opportuno far notare che l’acqua trasferita nel capoluogo di provincia potrebbe subire certe forme di inquinamento anche durante il transito nelle condotte, oltreché nei depositi o negli impianti in cui la stessa viene trattata. Insomma, anche se il dato rilevato da Greenpeace fosse comprovato, non significherebbe che l’acqua di Montedoglio possa contenere, in automatico, PFAS.

Oltre a questa considerazione preliminare è, in questo caso, necessario sottolineare che il dato aretino pubblicato nell’indagine di Greenpeace è stato prontamente contestato e smentito da Nuove Acque, ovvero dal gestore che acquista l’acqua grezza dall’EAUT, l’ente che gestisce Montedoglio, per poi distribuirla in un bacino di circa 200.000 persone. La suddetta società ha infatti subito chiarito, tramite un comunicato stampa, che in tutti i controlli effettuati, a partire dal 2020, sull’acqua erogata hanno sempre dato esiti negativi. Persino in seguito alla campagna di monitoraggio straordinario che il gestore ha provveduto ad effettuare nei mesi scorsi, dopo che lo stesso aveva ricevuto la comunicazione di Greenpeace circa il risultato ottenuto ad Arezzo, non sono state riscontrate – si legge nella nota diramata a mezzo stampa – tracce di PFAS. Alla luce di ciò, per Nuove Acque i valori straordinariamente alti accertati da Greenpeace sarebbero frutto di un errore.

Totale Sostanze
var divElement = document.getElementById(‘viz1737647663828’); var vizElement = divElement.getElementsByTagName(‘object’)[0]; if ( divElement.offsetWidth > 800 ) { vizElement.style.width=’710px’;vizElement.style.height=’1227px’;} else if ( divElement.offsetWidth > 500 ) { vizElement.style.width=’100%’;vizElement.style.height=’1327px’;} else { vizElement.style.width=’100%’;vizElement.style.height=’1127px’;} var scriptElement = document.createElement(‘script’); scriptElement.src = ‘https://public.tableau.com/javascripts/api/viz_v1.js’; vizElement.parentNode.insertBefore(scriptElement, vizElement);

A rigor di logica tale ipotesi non può che acquisire una certa consistenza, se si considera il fatto che obiettivamente il dato di Arezzo stride con l’effettiva condizione di un territorio che non sembra presentare emergenze ambientali più acute rispetto ad altre aree decisamente più popolate e industrializzate del Paese. Detto questo, sarà ora necessario eseguire maggiori controlli, spiegando quando, dove e come questi vengono effettuati e rendicontando tempestivamente alla cittadinanza i risultati ottenuti (nel caso specifico potrebbe, inoltre, essere utile verificare se in certi punti “sensibili” siano presenti o meno attività produttive che usano l’acido perfluoroottanoico, cioè la sostanza che ha oltremodo fatto salire il valore rilevato nelle acque aretine). In pratica, in tutto il territorio servito da Nuove Acque, sarà ora necessario procedere a rendere di dominio pubblico i dati relativi ai campioni di acqua potabile analizzati, dando così seguito a quanto è già stato deliberato in alcuni consigli comunali tramite la discussione di specifiche mozioni che, sostanzialmente, chiedevano proprio questo. Non a caso, subito dopo la pubblicazione dell’indagine di Greenpeace anche il Comitato Acqua Pubblica di Arezzo, assieme ad altri soggetti del coordinamento delle associazioni e dei comitati della Toscana, è tornato a chiedere con forza maggiore controlli sulle acque potabili da parte della Regione, dell’ASL e dell’ARPAT.

LEGGI ANCHE: PFAS, la replica di Umbra Acque ai dati diffusi da Greenpeace

Tornando alla Valtiberina c’è, del resto, da riconoscere che qui la discussione sui PFAS aveva in taluni casi anticipato i dubbi e le perplessità che sono emersi in queste ore: tra ottobre e novembre sia a Sansepolcro che ad Anghiari erano stati approvati documenti che chiedevano maggiori rassicurazioni sulla qualità dell’acqua e sul fatto che in questa, in un momento storico in cui non c’è ancora una normativa a tutela degli utenti, non ci siano tracce di PFAS. Dopo i due principali centri della Valtiberina, tra l’altro, anche a Monterchi si è mosso qualcosa e il tema sarà affrontato in una specifica commissione consiliare. D’altronde lungo il Cerfone una questione del genere non poteva non generare interesse, visto che non troppo tempo addietro nelle analisi effettuate nello stesso torrente sono emersi quantitativi di PFOS (quindi di una particolare tipologia di PFAS) particolarmente alti. In quel caso si parlava di acque superficiali e non di acque potabili; tuttavia, o in un modo o nell’altro, anche in Valtiberina sembra essere arrivato lo spettro di un problema che, almeno in quest’area, si spera, possa rimanere tale senza acquisire un’effettiva concretezza.

PFAS: l’acqua potabile di Arezzo proveniente da Montedoglio è la più contaminata d’Italia? - Ambiente | TTV.it
La scheda riepilogativa con i dati che Greenpeace ha raccolto in Toscana (https://www.greenpeace.org/italy/).
spot_imgspot_img