L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute non come la semplice assenza di malattia, ma come uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. Un concetto che coinvolge anche l’ambiente in cui si vive: più quest’ultimo è sfavorevole, più è facile che una condizione di salute si aggravi fino a generare disabilità o non autosufficienza. La salute, dunque, è un diritto fondamentale e un interesse primario della collettività.
Tuttavia, i tagli alla sanità pubblica hanno minato alle fondamenta questo diritto. Il nostro sistema sanitario, un tempo tra i migliori del mondo, è oggi attraversato da una crisi che rende l’accesso alle cure sempre meno equo. Occorrono soluzioni concrete da parte delle istituzioni, e non semplici constatazioni delle criticità.
Una situazione aggravata in Valtiberina
I disagi del sistema sanitario sono diffusi in tutta Italia, ma in alcune zone – come l’area vasta dell’Asl sud-est e in particolare la Valtiberina – si fanno sentire con maggior intensità. Territorio montano, popolazione dispersa e carenza di mezzi pubblici rendono più difficile garantire un servizio adeguato.
Negli ultimi anni la situazione è peggiorata sensibilmente. Una delle cause principali è la carenza di personale medico e infermieristico, legata al blocco delle assunzioni e alla scarsità di specialisti, soprattutto in medicina generale, emergenza/urgenza e pediatria. A Badia Tedalda e Sestino, ad esempio, i cittadini sono rimasti senza medico di base dal 31 dicembre scorso, dopo il pensionamento del dottor Brilli. Il progetto sperimentale avviato per sopperire alla mancanza – con un pool di medici a rotazione – non ha dato i risultati sperati, lasciando la popolazione in forte disagio.
Criticità anche al Pronto soccorso, dove la mancanza di medici specializzati costringe il personale a turni più pesanti e causa tempi d’attesa elevati per i pazienti. Lo stesso vale per il servizio pediatrico, spesso garantito solo pochi giorni a settimana. La situazione non migliora sul fronte della fisioterapia, con numerosi professionisti andati in pensione e servizi quasi del tutto esternalizzati: chi ha bisogno di cure riabilitative deve per forza recarsi a Pieve, alla Palestra Romolini, dove vengono inviati pazienti persino da altre zone distretto.
Liste d’attesa, RSA e carenza di strutture
Altro tema spinoso è quello delle liste d’attesa per esami e visite specialistiche. Il fenomeno, legato ancora una volta alla carenza di personale, mina profondamente la fiducia nella sanità pubblica. Chi può permetterselo si rivolge al privato, chi non può è costretto a rinunciare a curarsi, con ricadute evidenti soprattutto tra i più fragili. Inoltre, l’intasamento dei Pronto soccorso è spesso dovuto proprio a pazienti che non trovano alternative per prestazioni non urgenti.
Altro nodo è la continuità assistenziale: la transizione tra ospedale e territorio è spesso difficile, e richiederebbe una rete di servizi capillari e ben organizzati.
In Valtiberina manca anche un Hospice: una struttura essenziale per garantire cure palliative a pazienti terminali. Al suo posto, spesso, si ricorre impropriamente alle RSA, già sovraccariche. Le liste d’attesa per queste ultime sono lunghissime e l’offerta non è in grado di soddisfare la domanda crescente da parte di una popolazione anziana sempre più numerosa.
Un possibile intervento potrebbe essere l’incentivazione delle cure domiciliari, con l’impiego di badanti formate e certificate. Al momento, però, le famiglie faticano a trovare persone affidabili. Per questo si propone l’istituzione di corsi di formazione e la creazione di un albo territoriale, anche in collaborazione con Comuni e associazioni.
Tutte queste problematiche che, come ho già detto, qui in Valtiberina avvertiamo in maniera maggiore, persistono e credo che sarà difficile risolverle a breve, nonostante il forte impegno del Direttore Sanitario del nostro Distretto, dott. Giampiero Luatti, ottima persona sia dal punto di vista professionale sia da quello empatico.
Il ruolo del Comitato di Partecipazione
Ma i cittadini possono partecipare al miglioramento del Servizio Sanitario? E come?
Possono farlo, anzi devono, perché la partecipazione al SSN è un principio fondante della legge che l’ha istituito, riconosciuta anche dalla L.R 75/2017, che consente a tutti di collaborare alla pianificazione, alla programmazione e al monitoraggio dei servizi socio sanitari, con modalità e strumenti diversificati ai vari livelli. Questo principio si consegue attraverso i Comitati di Partecipazione, ai quali i cittadini prendono parte attraverso gli enti del Terzo settore che li rappresentano.
Di fatto i Comitati sono veri e propri luoghi di confronto fra rappresentanti dell’Azienda Sanitaria e associazioni ed enti del territorio. Hanno il compito di verificare e controllare la gestione dei servizi sanitari, monitorarne le condizioni di accesso e di fruibilità e veicolare le istanze dei loro associati e/o di tutti i cittadini in generale. In ogni Zona Distretto è presente un Comitato di Partecipazione e vi si accede con la sottoscrizione di un protocollo.
Questo può essere sottoscritto dalle organizzazioni di volontariato e tutela e dalle associazioni di promozione sociale operanti nel settore sanitario, socio-sanitario o comunque in settori attinenti alla promozione della salute. Sono escluse quelle che intrattengono rapporti economici continuativi con l’azienda sanitaria. L’attività di consulenza e di supporto svolta a favore dei cittadini deve avere carattere non professionale.
Il Comitato di Partecipazione della Valtiberina, la cui presidentessa è la dottoressa Gasparri, è composto già da vari Enti del Terzo settore, ma ne mancano ancora molti e invito i loro rappresentanti a prendere informazioni per potervi aderire non appena aprirà il nuovo bando. Infatti, più il Comitato diverrà rappresentativo, migliore sarà la capacità di lettura del territorio da parte dell’Azienda sanitaria, che così potrà dare risposte di ampio respiro in materia di salute, più coerenti verso i bisogni veicolati dai cittadini e dalle comunità locali.