Dal secondo dopoguerra la campagna dell’Alta Valle del Tevere è cambiata notevolmente. In poco più di mezzo secolo sono infatti andate perdute molte testimonianze storiche proprie non soltanto della mezzadria, ma persino di periodi precedenti, talvolta anche molto lontani.
Rientrano, ad esempio, in questa categoria gli antichi segni che rimandano alla centuriazione romana: gli appezzamenti vallivi della piana del Tevere seguivano un tempo un allineamento che si rifaceva i principali assi viari e alla relativa suddivisione che originariamente definiva le proprietà dei coloni. Oggi, come si può osservare da un qualsiasi punto panoramico (oltre che dal sottostante raffronto di immagini aeree), le forme dei campi appaiono quasi sempre molto regolari, anche se l’antico assetto originario è stato parzialmente cancellato da un’opera di riordino fondiario che venne effettuata negli anni ‘90 in una porzione importante della piana tiberina.

Foto aeree che mostrano come sono cambiati i confini degli appezzamenti agricoli dopo il riordino fondiario degli anni ‘90. La porzione di campagna riportata è quella della zona di Viaio (Anghiari).
Nell’ultimo decennio del secolo scorso per ridurre l’eccessiva frammentazione della proprietà fondiaria, la Comunità Montana della Valtiberina Toscana (oggi Unione Montana dei Comuni) promosse un progetto di razionalizzazione degli appezzamenti finalizzato a migliorare la gestione delle aziende agrarie. Allo stesso tempo, questo complesso lavoro di ridefinizione dei confini ha anche dotato un’ampia area della piana di una rete di fossi da utilizzare per distribuire l’acqua proveniente da Montedoglio. Alla fine il progetto non è stato realizzato completamente, lasciando fuori una parte significativa del fondovalle: oltre a mantenere le forme originarie, tali zone sono quindi rimaste prive di un impianto di distribuzione idrica.
Le aree che sono state interessate dal riordino, invece, hanno subito modifiche che hanno sicuramente portato a un’ottimizzazione gestionale, ma anche alla cancellazione di alcuni antichi segni che caratterizzavano il paesaggio rurale locale: quelli che erano stati impressi da un’ampia pagina di storia che si lega al popolamento di questo territorio e allo sfruttamento delle sue vocazioni. Tra questi devono senz’altro essere considerati i corsi d’acqua “pensili”, quindi rialzati, che furono realizzati anticamente per consentire all’acqua proveniente dai rilievi di giungere al Tevere senza accumularsi nelle zone che potevano essere soggette a impaludamento: tale soluzione idraulica, conosciuta localmente anche con il nome di “restone”, si rifaceva per certi versi a quella degli acquedotti romani, creando un lieve dislivello attraverso l’innalzamento, in alcuni tratti, del letto del corso d’acqua. In determinati punti della valle, questi particolari corsi d’acqua sono ancora visibili (come nella zona della Motina di Anghiari o, spostandosi verso Sansepolcro, tra Pocaia e San Pietro), nonostante l’opera di riordino fondiaria abbia talvolta provveduto a cancellarne alcuni. Quelli rimanenti possono, quindi, essere facilmente individuati grazie alle imponenti alberate di querce che ne puntellano gli argini, in maniera tale da conferirgli maggiore consistenza e stabilità.

Corso d’acqua pensile tra Anghiari e la Motina.

Letto di un corso d’acqua pensile tra Anghiari e la Motina.

Letto di un corso d’acqua pensile tra Pocaia e Gragnano (Sansepolcro).
Un altro elemento della campagna valtiberina che è stato pressoché cancellato ovunque è quello che esprimeva visivamente il carattere promiscuo dell’agricoltura di un tempo, risultato dell’interazione di colture erbacee e arboree che molto spesso si trovavano a convivere. Non soltanto a causa del riordino fondiario, ma anche e soprattutto per la crescente meccanizzazione delle attività di lavorazione dei fondi, le vigne che attraversavano le superfici coltivate a seminativo, gli olivi o altre specie arboree usate per segnare i confini o per alcune forme di consociazione, sono praticamente scomparse dal profilo paesaggistico del territorio. In particolare negli ultimi decenni sono stati quasi ovunque rimossi gli aceri campestri (o, in gergo popolare, oppi) che un tempo venivano “maritati” con la vite: questa pratica, messa in atto attraverso alberate o piantane, nacque probabilmente in epoca etrusca e per secoli ha rappresentato il tratto distintivo di molte campagne toscane. Anche in tutta l’Alta Valle del Tevere questa era molto diffusa, sia per dividere gli appezzamenti che per variegare il ventaglio di prodotti agricoli di cui un podere aveva bisogno. La fine della mezzadria, il progresso tecnologico e le trasformazioni del sistema produttivo agrario hanno, per motivi pratici e produttivistici, determinato una semplificazione del paesaggio rurale, provocandone un rigoroso appiattimento.

Piantana di aceri campestri con viti tra Anghiari e la Motina.