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Pfas, parla il responsabile di Greenpeace: “L’acqua potabile è la più controllata”

Il nostro approfondimento sui PFAS nell’acqua potabile giunge ad un momentaneo capitolo conclusivo, in attesa di nuovi sviluppi. Alle voci fin qui raccolte dalla nostra redazione, va infatti ad aggiungersi quella di Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia dal 2015 e coordinatore dell’inchiesta su scala nazionale “Acqua senza Veleni”. A lui abbiamo chiesto un commento sui dati emersi dalle analisi svolte nei comuni di Arezzo e Perugia, risultati rispettivamente al primo e al terzo posto tra i luoghi del nostro Paese con una maggiore contaminazione da PFAS nelle acque prelevate da alcune fontane pubbliche.

Nel corso della nostra videointervista, Ungherese ha confermato l’affidabilità delle analisi condotte, svolte da un laboratorio specializzato in Toscana a seguito di un campionamento effettuato “nel rispetto delle linee guida fornite da università e studi di ricerca coi quali collaboriamo”, e ha parlato dei confronti in corso con le istituzioni e con le società che gestiscono l’acqua nei due territori. “Siamo ben contenti che le analisi suppletive di Nuove Acque abbiano fornito un risultato diverso. La nostra esperienza ci dice tuttavia che l’assenza di contaminazione oggi, non vuol dire un’assenza passata o tantomeno un’assenza in futuro. Col nostro lavoro abbiamo fornito un’istantanea che ci può dare indicazioni preziose” ha commentato.

Ungherese ha inoltre chiarito un altro aspetto fondamentale: Greenpeace non intende scoraggiare il consumo di acqua potabile. “L’acqua di rubinetto resta ad oggi la risorsa più controllata e sicura in circolazione, al contrario dell’acqua minerale che non è sottoposta agli stessi rigorosi controlli. Proprio per questo motivo, è importante che le risorse idriche pubbliche siano sottoposte ad analisi e approfondimenti periodici per garantire la sicurezza dei cittadini”, ha spiegato, ricordando che Greenpeace continuerà a dialogare con le autorità per promuovere un monitoraggio costante della qualità dell’acqua.

TTV seguirà gli sviluppi futuri, mantenendo alta l’attenzione su un tema strettamente legato anche al nostro territorio.

Replica di Mineracqua alle dichiarazioni di Giuseppe Ungherese

Aggiornamento del 05.02.2025

A seguito della recente intervista rilasciata a TTV da Giuseppe Ungherese, responsabile dell’indagine “Acque senza Veleni” condotta da Greenpeace Italia, Mineracqua – Federazione Italiana delle Industrie delle Acque Minerali Naturali e delle Acque di Sorgente ha voluto fornire alcune precisazioni in merito alle questioni emerse nel corso del colloquio.

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L’associazione di categoria, tramite il suo vicedirettore Ettore Fortuna, fornisce alcune precisazioni in merito alle affermazioni di Ungherese che riportiamo integralmente di seguito:

Mi riferisco al commento di Giuseppe Ungherese, formulato dopo che Greenpeace ha dato conto delle risultanze di un’indagine sulla presenza di PFAS nelle acque potabili di alcuni Comuni.

Non dubito che le analisi, come lui riferisce, siano state fatte correttamente, né che le acque potabili siano, comunque, sicure e controllate, ma non è accettabile la dichiarazione dello stesso Ungherese secondo cui “L’acqua di rubinetto resta ad oggi la risorsa più controllata e sicura in circolazione, al contrario dell’acqua minerale che non è sottoposta agli stessi rigorosi controlli”.

Questa affermazione non è corretta, né in fatto né in diritto, come si evince chiaramente dalle due diverse e distinte leggi che regolano le due acque.

L’acqua minerale naturale si distingue dall’acqua potabile per origine, costanza di composizione, purezza microbiologica all’origine, assenza di trattamenti di disinfezione e potabilizzazione, utilizzo, etichetta nutrizionale puntuale. Di conseguenza, i parametri da monitorare e i relativi limiti possono essere differenti tra acque minerali e acque potabili senza che ciò crei alcun problema per la salute e la sicurezza dei consumatori.

Riporto alcuni esempi paradigmatici di quanto ho affermato:

1. Se in un’acqua minerale fosse presente il solvente tricloroetilene (noto come Trielina) a una concentrazione di 0,2 microgrammi/litro, l’azienda imbottigliatrice si vedrebbe sospeso il “riconoscimento” dal Ministero della Salute  e tutta la produzione verrebbe ritirata dal mercato. Se, invece, la stessa Trielina fosse presente in un’acqua potabile a una concentrazione di 9,9 microgrammi/litro, cioè circa 50 volte superiore, tale acqua sarebbe perfettamente potabile. Questo perché le due norme (rispettivamente il DLgs 18/2023 per le acque potabili e i DLgs 176/2011 e DM 10/02/2015 per le acque minerali) hanno presupposti differenti. Nel primo caso sicurezza del consumatore (acque potabili), nel secondo sicurezza del consumatore ma anche qualità (acque minerali, limiti molto più severi).

2. L’acqua minerale non può essere disinfettata, e pertanto i sottoprodotti della disinfezione devono essere assenti alla sensibilità delle analisi (limite pari a 0,5 microgrammi/litro per singolo composto); l’acqua potabile “deve” essere disinfettata, e quindi i suddetti sottoprodotti sono abbondantemente presenti (limite cumulativo 30 microgrammi/litro); anche in questo caso il limite per le potabili è molto più alto, circa 16 volte superiore complessivamente;

3. Nitriti: limite per le potabili 0,50 milligrammi/litro, per le minerali 0,020 milligrammi litro, quindi 25 volte superiore.

E potrei continuare… 

Credo che un approccio davvero serio e rispettoso del consumatore debba passare, una volta per tutte, attraverso il superamento del paragone tra le due acque, retaggio antiscientifico e “demagogico”. Il consumatore, peraltro, sembra ne sia consapevole, visto che i consumi di acqua minerale continuano a crescere.

Ettore Fortuna – Consigliere delegato e Vicepresidente Mineracqua