Lancini: “Ripensare la funzione paterna in una società dissociata”

Lo psicologo a San Giustino: “Oggi adulti fragili e adolescenti che faticano a comunicare il dolore”

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09 Luglio 2023
Matteo Lancini

Lo psicologo Matteo Lancini a San Giustino

Lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini è stato protagonista a San Giustino, a fianco di Moni Ovadia, dell’incontro dal titolo “Nel nome del padre”, che si è svolto nelle scorse settimane nell’ambito del Festival dei Cammini di Francesco. Nei propri interventi Lancini ha tra l’altro indagato il ruolo della figura paterna partendo dal presupposto che negli ultimi anni “i modelli di autorità paterna non messa in discussione hanno lasciato spazio a un nuovo modo di essere padre”, testimoniato dal “passaggio dalla famiglia normativa a quella più affettiva”.

Ciò si è verificato, secondo Lancini, nell’ambito di una “crescente trasformazione dei ruolo maschile e femminile”, che ha visto anche la “riorganizzazione dell’identità femminile”, che in passato “aveva l’apice nella maternità”, mentre “oggi lascia spazio anche ad altri aspetti di sé”, anche se in questo senso “c’è ancora molto da fare”.

“Davanti a queste trasformazioni – ha affermato lo psicologo – c’è bisogno di ripensare a una funzione paterna – che può essere una funzione della scuola, dello stato, familiare, fatta da due madri, da un padre e da una madre – che deve andare un po’ al di là della classica questione del padre che limita, che norma. Certamente la funzione paterna è quella di promuovere i processi separativi di autonomia, ma – ha messo in guardia Lancini – deve essere declinata all’interno di una società complessissima che io chiamo dissociata, dove molto spesso non teniamo conto del primo compito di un adulto”, quello di “identificarsi con chi abbiamo davanti”.

Questo perché “oggi esiste una fragilità del ruolo adulto che non consente di identificarsi con il funzionamento di figli e studenti. Non significa che non li ascoltiamo, anzi, oggi vengono ascoltati molto più di prima”, ha precisato Lancini: “il problema è se siamo in grado di ascoltare cosa hanno da dire le nuove generazioni. Questa è una società che rimuove enormemente i fallimenti, gli inciampi, le tristezze, le rabbie, quei sentimenti disturbanti che fatichiamo ad ascoltare da parte dei nostri figli perché è come se lo vivessimo come un affronto”.

“Non a caso – ha aggiunto lo psicologo – abbiamo adolescenti che faticano sempre di più a comunicare il proprio dolore, la propria sofferenza e attaccano sempre di più sé stessi”, con il diffondersi di fenomeni come “il disturbo della condotta alimentare femminile, il ritiro sociale maschile, cioè l’hikikomori”, e ancora una vera e propria “diaspora dalla scuola da parte degli adolescenti”, fino “ai tagli e ai tentativi di suicidio”.

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Lo psicologo a San Giustino: “Oggi adulti fragili e adolescenti che faticano a comunicare il dolore”