I terremoti storici nell’Alta Valle del Tevere

Negli ultimi mille anni due dei cinque sismi più forti si sono verificati il 26 aprile (nel 1458 e nel 1917)

26 Aprile 2024
Monterchi dopo il terremoto del 26 aprile 1917 (foto tratta da A. Tacchini)

Monterchi dopo il terremoto del 26 aprile 1917 (foto tratta da A. Tacchini, L’alta Valle del Tevere in cartolina, Petruzzi Editore, Città di Castello, 1992)

L’Alta Valle del Tevere è da sempre una zona sismica, tanto che secondo l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia negli ultimi mille anni in questo territorio si sono verificati numerosi terremoti, cinque dei quali vengono ritenuti particolarmente distruttivi, ovvero con una magnitudo stimata superiore ai 5,8 gradi della scala Richter.

Il più lontano che ancora oggi viene ricordato è quello del 25 dicembre del 1348 che, con un’altra forte scossa di replica sei giorni dopo, causò forti danni a Monterchi, Sansepolcro e, in misura minore, Città di Castello. Per questo sisma non sono disponibili informazioni troppo dettagliate e lo stesso epicentro è piuttosto difficile da localizzare: tuttavia si stima che con un’intensità di 6,4 gradi Richter, tale evento sismico sia il più forte mai registrato in Valtiberina. Oltre a ingenti danni ci furono senz’altro anche molte vittime, sopratutto a Sansepolcro, dove al tempo si riscontrava già una significativa densità abitativa.

Nel 1389, il 18 ottobre, si verificò un altro terremoto molto forte (le stime parlano di circa 6 gradi della scala Richter) in prossimità dell’attuale confine tra Umbria e Marche, nella zona di Bocca Serriola: a subire i danni maggiori furono probabilmente Città di Castello e Sansepolcro, oltre ad altri piccoli insediamenti dislocati nelle campagne dei versanti appenninici umbro-marchigiani.

Il 26 aprile del 1458, dopo varie scosse di “avvertimento”, un sisma di grado 5,8 della scala Richter colpì l’area compresa tra Sansepolcro e Montone: Città di Castello, collocata al centro di questo territorio, ne subì i danni più ingenti.

Un altro terremoto d’intensità piuttosto alta, si verificò il 30 settembre 1789, a soli otto anni di distanza da un altro forte sisma che, colpendo il vicino appennino marchigiano, aveva provocato danni anche lungo il Tevere: l’area martoriata maggiormente dal terremoto fu quella di Città di Castello e tutta la campagna della riva sinistra del fiume Tevere compresa tra i centri abitati di Selci, Lama, San Giustino e, seppur in maniera più lieve, Sansepolcro. Grazie alla maggiore disponibilità di fonti storiche, di questo evento sismico è possibile conoscere aspetti che riguardano la gestione dell’emergenza e, in parte, la successiva ricostruzione: essendo l’Alta Valle del Tevere divisa tra due stati, Granducato di Toscana e Stato Pontificio, si può ancora oggi rilevare che nella parta toscana la reazione politico-amministrativa fu tendenzialmente più decisa. Pietro Leopoldo I fece infatti inviare celermente aiuti e soccorsi, dopodiché favorì la ricostruzione degli edifici che nel centro di Sansepolcro avevano subito i crolli più cospicui (come il Duomo e Palazzo Pretorio) e dispose di scapitozzare tutte le torri cittadine per ridurne l’altezza (fu risparmiata soltanto la Torre di Berta).

A Città di Castello, dove peraltro la gestione dell’emergenza fu caratterizzata da maggiori esitazioni, le scosse della mattina del 30 settembre procurarono numerosi danni, tra i quali il crollo parziale della cattedrale e di altri importanti edifici, come la chiesa di Sant’Agostino: proprio all’interno di quest’ultima la Pala del Beato San Nicola da Tolentino che Raffaello Sanzio aveva realizzato all’inizio del 1500 fu irreparabilmente lesionata dalle macerie. In seguito a ciò, le sezioni meglio conservate della stessa furono ritagliate e trasferite in Vaticano: oggi, alcune parti di questa opera, sono visibili a Parigi, Napoli, Detroit, Pisa e Brescia (mentre la Pinacoteca tifernate ne custodisce una copia settecentesca realizzata subito dopo il sisma).

Frammento pittorico (Eterno tra cherubini e testa di Madonna) di Raffaello Sanzio
Frammento pittorico (Eterno tra cherubini e testa di Madonna) di Raffaello Sanzio, oggi custodito nel museo napoletano di Capodimonte

Nel Novecento si registra un altro terremoto piuttosto distruttivo il 26 aprile 1917 con epicentro tra Monterchi e Citerna: questo sisma, decisamente più conosciuto degli altri in quanto più recente, con i suoi 5,9 gradi Richter distrusse buona parte dei due centri sopra citati, causando però danni anche a Sansepolcro. Meno drammatiche furono le conseguenze per gli altri centri della Valtiberina toscana e dell’Alto Tevere umbro. In particolare, come era accaduto anche durante altri eventi sismici, Anghiari nonostante la relativa vicinanza non subì danni particolarmente gravi: nel corso dei secoli quella anghiarese è un po’ un’eccezione che, grazie alla particolare conformazione geologica, ha consentito al borgo medievale di preservare il suo suggestivo profilo architettonico.

Dopo il 1917 ci sono ovviamente stati altri terremoti, tra i quali si ricorda quello che, con i sui 5,1 gradi della scala Richter, colpì Sansepolcro il 13 giugno del 1948. Tuttavia, per ciò che riguarda la magnitudo, questi ultimi non sono certo equiparabili agli altri ricordati, ovvero ai cinque più forti dell'ultimo millennio che, sia per intensità che per frequenza, possono ancora oggi dimostrare e ricordare, con la cruda efficacia numeri, quanto il fenomeno sismico sia congenitamente inscindibile dalla natura tettonica e geologica dell’Alta Valle del Tevere.

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Negli ultimi mille anni due dei cinque sismi più forti si sono verificati il 26 aprile (nel 1458 e nel 1917)