Rocca Cignata, dove ruderi e natura raccontano il medioevo

Viaggio storico ai piedi della fortificazione che dominava la valle del Singerna

18 Aprile 2024
Rocca vista dal basso

Veduta dal basso dei ruderi di Rocca Cignata

Rocca Cignata, questo era il nome con cui veniva indicato il castello che un tempo sorgeva sopra un massiccio roccioso di gabbro sul versante occidentale del Monte Fungaia, il rilievo che separa il Tevere dal torrente Singerna, prima che i due corsi d’acqua confluiscano nell’invaso di Montedoglio. Siamo dunque nel comune di pieve Santo Stefano, poco distanti dal confine con quello di Caprese Michelangelo, in una posizione dalla quale è ancora oggi possibile osservare l’intera valle del Singerna. Proprio la possibilità di controllare un’ampia porzione di territorio, assieme alla particolare conformazione circolare del poggio roccioso, deve avere indotto, attorno al 900 d.C., i conti di Galbino, Montauto e Montedoglio a fondare qui questa fortificazione che assunse il nome di “Cignata” (o “Cingiata”). Da un punto di vista etimologico tale toponimo potrebbe derivare dal participio passato del verbo “cingere”, adoperato per indicare una struttura difensiva circondata da delle mura che, in virtù del dislivello, dal basso dovevano apparire alquanto imponenti.

Il massiccio di gabbro con i ruderi della rocca in una foto scattata tra gli anni ‘60 e ‘70 (immagine tratta da G. F. DI PIETRO, G. FANELLI, La Valle Tiberina toscana, EPT Provincia di Arezzo, Firenze 1973).
Il massiccio di gabbro con i ruderi della rocca in una foto scattata tra gli anni ‘60 e ‘70 (immagine tratta da G. F. Di Pietro, G. Fanelli, La Valle Tiberina toscana, EPT Provincia di Arezzo, Firenze 1973).

Il primo documento certo riguardante Rocca Cignata risale al 7 dicembre 967 ed è il privilegio con il quale Ottone I concesse in feudo un ampio territorio, più grande dell’attuale Valtiberina, a un nobile di nome Goffredo. Nel 1323 Guido Tarlati si impadronì della rocca dopodiché, nel 1337, tutti i possedimenti che ad essa facevano capo furono conquistati dai fiorentini che poi li consegnarono ai perugini. Dopo un decennale presidio esercitato da questi, nel corso del XIV e del XV secolo aretini e fiorentini si alternarono più volte nell’assumere il controllo di Rocca Cignata, fino a che nel 1502 quest’ultima passò definitivamente sotto Firenze.

Con la fine del medioevo la fortificazione perse importanza in favore degli altri edifici che, a partire dalla parte immediatamente sottostante, si dislocavano nella campagna che digradava verso il Singerna: proprio in questo torrente la comunità che assunse il nome della rocca era in possesso di un mulino la cui esistenza è attestata nel Catasto Fiorentino del 1427.

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Da un punto di vista architettonico oggi del castello rimangono soltanto alcuni resti: i ruderi di due torri (delle quali una ancora facilmente riconoscibile) e ammassi di pietre che in alcune porzioni ripercorrono il perimetro delle mura di cinta. Immediatamente sotto sono presenti una casa padronale, una cappella ed altri edifici di quella che era un tempo una villa-fattoria. Queste ed altre abitazioni hanno per secoli fatto parte della parrocchia di Vallecalda, la cui chiesa non è oggi più visibile in quanto sommersa dall’acqua dell’invaso di Montedoglio.

Nonostante delle fortificazioni rimanga ben poco, il fascino di questo sito è dato dalla sua peculiare geomorfologia culturale, ovvero dall’interazione che si può ancora leggere tra i segni del patrimonio storico e il paesaggio naturale: l’assetto geologico locale, quindi la natura, ha dotato questo versante del Monte Fungaia di un massiccio a forma di pan di zucchero che poi l’uomo ha utilizzato per edificarvi sopra una rocca fortificata. In altre parole è come se in un organico gioco di forme, le rovine e i dislivelli possano ancora oggi accompagnarci a percepire come un tempo era questo luogo. Se guardata con occhi attenti Rocca Cignanta, con il suo poggio e le abitazioni sottostanti, può dunque offrire l'opportunità di cogliere l’essenza storica di un paesaggio che, scendendo dall’Alpe di Catenaia verso la piana del Tevere, era scandito dai castelli di Caprese, Cignata, Montedoglio, Montauto, Galbino, Pianettole, Sorci e dagli altri dell’attuale versante umbro.

Nel precisare che, essendo di pertinenza privata, i resti della rocca non sono pubblicamente fruibili, si ringrazia il signor Sandro Berti, proprietario dell’intera area, per aver condiviso le informazioni storiche che, in forma scritta ma inedita, la sua famiglia custodisce.

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Viaggio storico ai piedi della fortificazione che dominava la valle del Singerna