Reglia e mulini del Borgo, diatribe con Anghiari e interventi di gestione idraulica

Cartografia storica, memorie e testimonianze tangibili fanno riemergere un passato che non c’è più

29 Agosto 2023
Il fosso asciutto della vecchia reglia in prossimità di Falcigiano

Il fosso asciutto della vecchia reglia in prossimità di Falcigiano.

Come anticipato in un precedente articolo, non soltanto il territorio in prossimità di Anghiari era attraversato da una reglia che azionava un sistema di impianti molitori, ma – seppur in maniera più ridotta – al di là della sponda destra del Tevere anche Sansepolcro ne aveva una sua che serviva ad irrigare i terreni della piana borghese e ad attivare le macine di tre mulini. Stando alla carta idrografica che il Ministero dell’Agricoltura realizzò nel 1889, questi ultimi si trovavano a Falcigiano, in prossimità dell’attuale località Calabresi e nella curva di via del Tevere, lungo quella che ancora oggi viene anche chiamata, per l’appunto, strada vicinale dei mulini.

Similmente a quelli della reglia anghiarese, tali mulini, solitamente a pianta rettangolare, erano articolati in due o tre piani: nel seminterrato si trovavano i meccanismi generatori di energia (le pale e l’albero), mentre al pianoterra c’erano i locali della lavorazione: quello destinato alla macinazione, quello adibito a magazzino e la stalla. Il piano superiore, invece, era quasi sempre utilizzato per l’abitazione del mugnaio e della sua famiglia. Esternamente l’architettura si presentava generalmente con mura di pietra e con tetti a basse pendenze, mentre all’interno l’impianto tecnico era composto dal basamento, dalle pale, dalla sbarra di trasmissione dell’albero e dalle macine. Nella parte retrostante, immediatamente a monte del tratto di reglia in cui era ubicato il mulino, era presente il bottaccio: esso aveva il compito di trattenere l’acqua prima che questa arrivasse agli organi di movimento. In questo modo si costituiva un dislivello di 45°-60° che generava la forza necessaria a muovere le pale, dopodiché l’acqua tornava nel tratto di canale situato a valle della struttura.

Del mulino dei Calabresi si sono praticamente perse le tracce negli anni trenta del Novecento, mentre gli altri due mantengono ancora alcuni segni architettonici che rimandano alla tipologia sopra descritta (in quello di Falcigiano, al momento in fase di ristrutturazione, si vede persino una vecchia macina appoggiata nel muro esterno dell’edificio); entrambi i mulini cessarono la loro attività tra gli anni ‘60 e ‘70 (quello di via del Tevere per un periodo lavorò usando l’elettricità anziché la forza motrice dell’acqua).

Per quanto riguarda la reglia, invece, c’è innanzitutto da dire che il suo tragitto cambiò significativamente nel corso dei secoli: originariamente, come dimostra la Pianta del fiume Tevere da Anghiari al Borgo a S. Sepolcro del 1625, questa si diramava dal fiume in prossimità di Falcigiano, quindi più a valle rispetto a quella di Anghiari.

Pianta del fiume Tevere da Anghiari al Borgo a S. Sepolcro. Archivio di Stato di Firenze, reperita dalla sezione di cartografia storica della Regione Toscana.
Pianta del fiume Tevere da Anghiari al Borgo a S. Sepolcro. Archivio di Stato di Firenze, reperita dalla sezione di cartografia storica della Regione Toscana.

Ciò però andava a provocare nei borghesi un malcontento piuttosto ricorrente in quanto il canale anghiarese, originandosi più a monte, poteva, soprattutto nei mesi estivi, deviare una parte consistente dell’acqua del Tevere, riducendone significativamente la portata e lasciando quasi asciutta la reglia di Sansepolcro. Ciò fu causa di numerose discussioni fra le comunità di Anghiari e quella di Sansepolcro. La diatriba, almeno formalmente, si concluse solo nel 1786 quando, dopo il sopralluogo dell'ingegnere Ferdinando Morozzi (di cui resta la documentazione cartografica del 1782), venne deciso che la reglia dei mulini di Sansepolcro dovesse essere allungata fino ad incontrare quella di Anghiari nei pressi di Gorgabuia: da qui, con un’opportuna regolazione, le acque del Tevere cominciarono ad alimentare sia la reglia di Anghiari che quella di Sansepolcro. Rimane comunque da segnalare che nonostante questo provvedimento le liti tra le due comunità non cessarono mai completamente.

Nella planimetria relativa alla Diga di Gorgabuia si può vedere il punto in cui le due reglie prelevavano acqua dal Tevere nella prima metà del XX secolo.

iume Tevere. Planimetria nel tratto compreso fra la Diga di Gorgabuia e la strada Comunale di Anghiari - Pieve S. Stefano presso la località "Vignacce", realizzata dal geometra G. Mugnai tra il 1930 e il 1950. Archivio di Stato di Arezzo, reperita dalla sezione di cartografia storica della Regione Toscana
Fiume Tevere. Planimetria nel tratto compreso fra la Diga di Gorgabuia e la strada Comunale di Anghiari - Pieve S. Stefano presso la località "Vignacce", realizzata dal geometra G. Mugnai tra il 1930 e il 1950. Archivio di Stato di Arezzo, reperita dalla sezione di cartografia storica della Regione Toscana.

Ancora oggi presso Gorgabuia si può vedere come tramite questo intervento il Tevere continui ad alimentare la reglia di Anghiari. Per quella di Sansepolcro, invece, non è più così, dato che la stessa, durante gli ultimi anni del secolo scorso, è stata oggetto di una complessa opera di risistemazione idraulica: da qualche decennio, quindi, il vecchio fosso della reglia appare ormai asciutto in quanto sostituito da un nuovo canale che scorre accanto al vecchio tracciato e che invece di attingere acqua dal Tevere la raccoglie dal Rimaggio che scende dai Monti Rognosi. Soltanto dopo aver oltrepassato, sfruttando un piano di scorrimento differente, la reglia di Anghiari e aver superato l’abitato di Falcigiano (praticamente dopo il cimitero) l’acqua del nuovo fosso torna nel letto della vecchia reglia per poi continuare il suo antico tragitto e immettersi nuovamente nel fiume poco prima del nuovo ponte.

In conclusione, nonostante i drastici cambiamenti degli ultimi 70 anni, ripercorrere le strade ed i sentieri della piana del Tevere con una rinnovata consapevolezza consente di decifrare, capire ed apprezzare le numerose testimonianze di una lunga vicenda storica e sociale che è parte integrante del nostro corredo identitario.

Si ringrazia Franco Zoi, le cui informazioni hanno contribuito a ricomporre questa complessa pagina di storia locale.

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Cartografia storica, memorie e testimonianze tangibili fanno riemergere un passato che non c’è più