Siccità e alluvioni, due facce della stessa medaglia

L’esperto: “Il ruolo della diga di Montedoglio per affrontare la tropicalizzazione”

04 Giugno 2023
Convegno diga

I relatori del convegno: al centro l'ingegner Remo Chiarini

Molta acqua quando non serve e poca quando serve. Gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire sempre più anche nel nostro Paese con il susseguirsi di fenomeni che rappresentano due facce di una stessa medaglia: siccità e alluvioni.

Il tema è stato affrontato in un convegno dedicato nei giorni scorsi a dighe e invasi del territorio, tenutosi presso la sede di Confindustria ad Arezzo e moderato da Giovanni Cardinali. Tra gli intervenuti l’esperto Remo Chiarini, che ha messo in evidenza alcuni dati. Ad esempio, ha fatto notare che nel territorio provinciale l’estate 2021 ha fatto registrare una temperatura di un grado e mezzo più alta rispetto alla media del periodo, mentre il 2022 è stato il secondo anno più caldo di sempre. Chiarini ha inoltre sottolineato che nel trentennio 1991-2020 la media dei capoluoghi toscani ha visto una perdita del 10% di pioggia (da 150 a meno di 135 mm).

Il decremento dei flussi medi annui e l’aumento della probabilità e della persistenza di periodi siccitosi porta dunque a una diminuzione della risorsa idrica disponibile, che si accompagna a una maggior frequenza delle piene eccezionali. È quella che viene definita “tendenza alla tropicalizzazione del clima nelle aree temperate”.

Ecco allora il ruolo degli invasi e delle dighe come strumento per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. L’ingegner Chiarini nel corso del proprio intervento ha parlato diffusamente di tutte le infrastrutture di questo tipo presenti nel territorio, con particolare attenzione alla diga di Montedoglio, l’unica a rientrare nei parametri di legge che definiscono le “grandi dighe”, oltre ad essere “una delle chiavi di volta del sistema idrico toscano”.

“La diga di Montedoglio è una grande infrastruttura strategica per garantire l’acqua alla nostra e alle future generazioni”, ha spiegato il relatore, “ma serve a tutte e due le cose: da una parte la risorsa, dall’altra la riduzione dei danni che possono venire da una piena”.

Su questo punto Chiarini ha illustrato una simulazione degli effetti di una piena paragonabile a quella recentemente registrata in alcuni corsi d’acqua della Romagna: “Se non ci fosse la diga di Montedoglio, la zona del fondovalle si allagherebbe completamente e la piena minaccerebbe le zone residenziali alla periferia di Sansepolcro ma anche di Città di Castello”, ha spiegato l’esperto. “Se invece teniamo l’acqua un metro più bassa dello sfioratore, il Tevere con la stessa piena non allaga nulla”.

Del resto “alcuni agricoltori della Valtiberina si sono così abituati a non aver più le piene che smontano gli argini”, ha commentato a questo proposito Chiarini, precisando che “ovviamente questa è un’azione criminale da perseguire”.

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L’esperto: “Il ruolo della diga di Montedoglio per affrontare la tropicalizzazione”