“Riscaldamento globale, il problema più grave nella storia dell’umanità”

Mancuso a Citerna: “Entro 50 anni non saranno abitabili terre dove vivono due miliardi di persone”

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18 Giugno 2023
Il professor Stefano Mancuso

Stefano Mancuso a Citerna durante l’iniziativa “Tra natura e musica”

La tappa a Citerna del Festival dei Cammini di Francesco, oltre ad ospitare l’incontro con il matematico Piergiorgio Odifreddi, ha visto protagonista il botanico e divulgatore scientifico Stefano Mancuso, che ha parlato delle regole della natura accompagnato dagli intermezzi musicali del gruppo Eugenio in Via di Gioia.

Mancuso ha in primo luogo sottolineato il valore della biodiversità: “La vita è una questione di rete, di connessioni” fra le varie specie, che sono però minacciate dal rischio di un’estinzione di massa. Fornendo molti esempi numerici, il botanico ha sottolineato che nel 2021 “il peso dei materiali sintetici, quasi esclusivamente cemento e plastica, ha superato quello di tutti gli esseri viventi, mentre un secolo fa era pari allo 0,5%”. Per arrivare a ciò non solo si sono prodotti molti materiali sintetici, ma si è “ridotto il peso della vita”. Gli alberi che 12.000 anni fa erano 6.000 miliardi oggi sono 3.000 miliardi, ma “2.000 miliardi sono stati tagliati negli ultimi due secoli”; dal 1970 ad oggi “la popolazione animale si è ridotta del 70%”; “il 97% dei mammiferi” oggi sono umani o animali da allevamento; “il 75% degli uccelli è costituito da pollame”; “il 99% del pesce che si mangia è di allevamento, e non c’è un solo modello che dica che ci sarà ancora pesce nei prossimi 50 anni”.

Il divulgatore ha poi posto l’accento sul tema del riscaldamento globale, sottolineando che “per la scienza unanimemente questo il più grave problema che l’umanità abbia mai avuto nel corso della sua storia”. A causa “dei gas prodotti dall’attività dell’uomo, e in particolare dell’anidride carbonica”, dall’Ottocento a oggi la temperatura della terra è aumentata di 1,5 gradi, mentre “entro fine secolo il nuovo limite reale su cui si pensa di poter lavorare è di 2 gradi”. Come spiega il Politecnico di Zurigo, fra 50 anni Roma avrà il clima di Tunisi, la Sicilia e il Nord Africa quella del Subsahel, che a sua volta non sarà più abitabile: “La quantità di terra non abitabile per estremi climatici, che oggi è lo 0,8% della superficie, sarà il 18%, in cui oggi vivono due miliardi di persone”.

“Qualunque idea sociale, economica, sanitaria sul nostro futuro – ha detto Mancuso – non può che dipendere dal fatto che risolveremo o meno il problema del riscaldamento globale”. Per farlo occorre ridurre i gas climalteranti come l’anidride carbonica, ma quest’ultima “ogni anno aumenta più dell’anno precedente, perché ridurla ridurrebbe la capacità dei paesi di arricchirsi”.

Oggi però “la soluzione c’è e sono gli alberi”: piantandone mille miliardi in 10 anni (“la metà di quelli tagliati negli ultimi due secoli”) si ridurrebbe di un terzo il surplus di anidride carbonica prodotta, guadagnando “60-70 anni” durante i quali le tecnologie potrebbero progredire. “Lo spazio c’è – ha garantito Mancuso – e anche se non ci fosse consideriamo che il 50% delle terre emerse è impiegato in agricoltura e l’80% di questo nell’allevamento di animali, che garantisce solo il 20% di calorie e il 23% di proteine che consumiamo”. Per il divulgatore, “riducendo del 25% il consumo di prodotti animali nessuno se ne accorgerebbe e si liberebbe una quantità di terra pari alla superficie degli Stati Uniti, dove potrebbero essere piantati ben oltre i mille miliardi di alberi”.

Una soluzione, come detto, utile non a risolvere il problema ma a guadagnare tempo. Quello che sarebbe decisivo, però, più che la “transizione ecologica” sarebbe una “conversione ecologica” che ci dia consapevolezza che “non siamo quanto di meglio ci sia in questo pianeta”. Se per esempio la media di sopravvivenza di una specie è di 5 milioni di anni, l’homo sapiens ne ha solo 300.000, e “quello che stiamo facendo è incompatibile con la prospettiva di essere ancora qui fra 10.000 o 100.000 anni”.

La questione è quindi quella se il cervello umano costituisca “un vantaggio o uno svantaggio evolutivo”, e se l’homo sapiens si entinguerà nei prossimi 4 milioni e 700 mila anni si sarà dimostrato uno svantaggio rispetto ad altre specie. “Dobbiamo imparare ad affrontare le relazioni col pianeta e con le altre specie in una maniera diversa, non sopra la natura ma dentro, e imparare a usare il cervello nella maniera migliore. Facendo questo sono convinto che supereremo di slancio i prossimi 4,7 milioni di anni”, ha concluso Stefano Mancuso.

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Mancuso a Citerna: “Entro 50 anni non saranno abitabili terre dove vivono due miliardi di persone”