Il primo anno della multiutility toscana tra patti parasociali, alleanze e holding nella holding

Le strategie dei comuni per avere più margine decisionale e le criticità rilevate dall’Antitrust

25 Gennaio 2024
La presentazione del 26 gennaio 2023 (immagine ToscanaMedia)

La presentazione del 26 gennaio 2023 (immagine ToscanaMedia)

Era il 26 gennaio dello scorso anno, quando a Firenze nacque ufficialmente la prima multiutility della Toscana, ovvero la holding in cui in futuro confluiranno congiuntamente le gestioni del servizio idrico, dei rifiuti e del gas. Prima di analizzare alcuni dei fatti principali che si sono susseguiti all’atto di fondazione è opportuno ricordare che pur riguardando, per ora, soltanto le province di Firenze, Prato e Pistoia, il modello “multiutility” è stato apertamente pensato per diffondersi in tutto il territorio regionale: per questo motivo, come sottolineato in passato, quello che oggi si sta definendo nell’area della Toscana centrale, in futuro genererà importanti conseguenze anche in provincia di Arezzo e in Valtiberina toscana.

Guardando ai primi mesi di vita della multiutility c’è da dire che, innanzitutto, la nascita di questo soggetto ha stimolato la sottoscrizione di patti parasociali tra i comuni dei diversi territori che, mettendo assieme le proprie quote, vorrebbero poter incidere maggiormente sui processi decisionali del nuovo ente. Già due mesi dopo l’atto fondativo sono quindi nate due alleanze: una tra venti comuni del territorio fiorentino (senza però Firenze) che rappresenta il 10,2% delle quote della multiutility e una tra sei dell’area pratese che nel complesso raggiunge la percentuale del 23,02 (Prato da sola detiene il 18,14%).

Nello stesso periodo, parallelamente a tutto, ciò si è formato anche un terzo raggruppamento di comuni “critici” che si sono da subito opposti al progetto e alla sua quotazione in borsa: questi, bypassando il confine provinciale di Firenze e Prato, hanno dunque costituito un gruppo che, sommando le quote di Calenzano, Cantagallo, Fiesole, Londa, San Godenzo, Sesto Fiorentino e Vaglia, vale poco più del 5%. Al cospetto di un ente sovracomunale che si troverà ad operare in un raggio geografico decisamente vasto, i comuni hanno quindi già definito e attuato parte di quelle strategie che, almeno sulla carta, potranno consentire loro di intervenire efficacemente sui nuovi meccanismi di governance. Secondo questa logica anche i comuni del Circondario Empolese Valdelsa hanno recentemente iniziato a muoversi per dotarsi di uno strumento di rappresentanza unitaria.

Come rilevato preliminarmente dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust), tutte queste operazioni effettuate dai vari comuni saranno però piuttosto inficiate dal fatto che Firenze, forte del suo 37,1%, disporrà comunque di un potere schiacciante su tutti gli altri: “nessuno dei soci pubblici – si legge sul parere dell’Antitrust pubblicato lo scorso autunno in un comunicato del Coordinamento delle Associazioni No Multiutility – sarà in grado di esercitare da solo poteri di controllo su Alia-Multiutility fino alla costituzione di HoldCo. Successivamente HoldCo, e indirettamente Alia-Multiutility, saranno soggette a controllo esclusivo negativo del Comune di Firenze”.

In altre parole, il 17 gennaio 2023, quindi prima ancora dell’atto fondativo della multiutility, l’Autorità, pur non ravvisando rischi sulla concorrenza, aveva di fatto già evidenziato una criticità che sembra caratterizzare intrinsecamente il nuovo modello di gestione scelto un anno fa: quello di ridurre drasticamente il peso decisionale di quasi tutti i comuni, ad eccezione di quelli che, in termini demografici e di quote, riescono a porsi in un rango nettamente superiore a quello di tutti gli altri. In considerazione di tutto ciò, non sarà dunque difficile immaginare quanto potrebbe essere marginale il peso di un territorio come la Valtiberina, nel momento in cui il modello “multiutility”, così come previsto dai suoi fautori, dovesse estendersi in tutta la Toscana.

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Le strategie dei comuni per avere più margine decisionale e le criticità rilevate dall’Antitrust