“Bocconi d'aria” per riprendere a parlare: ecco come si torna alla normalità

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13 Luglio 2021

Ottanta quattro anni, 8 interventi chirurgici in anestesia totale, diversi giorni in rianimazione. Un'intensa vita ospedaliera che Geremia, però, può raccontare. E il verbo è adatto perché l'ottavo ingresso in sala operatoria lo ha costretto a dire addio alla laringe: tumore. "Ero muto - ricorda Geremia. Non potevo più dire una sola parola". Una vita passata nei cantieri in qualità di direttore dei lavori, pensionato, moglie, due figlie e nipoti. Un mondo intero con il quale si era rapportato, come tutti, attraverso la parola. Poi, all'improvviso, il silenzio. La possibilità di ascoltare ma non quella di rispondere. Ci sono voluti molti mesi ma adesso Geremia ha riacquistato l'uso della parola. Non solo: si è reso disponibile ad affiancare le logopediste del San Donato, le stesse che hanno aiutato lui, per trasmettere la sua esperienza a chi ha subito il suo stesso intervento. "Avevo un tumore - ricorda - e mi hanno praticato una laringectomia totale. Potevo mangiare ma non parlare. Ero però fiducioso di poter riprendere anche questa funzione con l'aiuto della logopedista". Alice Fazzone è una di loro e fa parte dell'Unità Operativa Professionale di Riabilitazione Funzionale di Arezzo e quindi del Dipartimento delle professioni tecnico sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione della Asl Tse: "il caso di Geremia non è frequente, proprio in relazione al fatto che ha subìto un'asportazione totale e non parziale della laringe. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, la prima cosa che ha dovuto imparare a fare è stata quella di gestire la respirazione e le apnee". Si tratta di far apprendere al paziente una voce erigmofonica, che si crea con l'ingestione di aria e la sua successiva emissione controllata dall'esofago. È una voce diversa ma non meccanica. Consapevole e determinato, Geremia ha iniziato un trattamento logopedico lungo circa otto mesi, che lo ha portato dove voleva arrivare: a parlare di nuovo. Ovviamente non come prima ma in modo sufficiente a comunicare nel suo contesto di vita. Alice Fazzone lo ha seguito sillaba dopo sillaba: "La prima è stata /pa/. Poi siamo passati alle parole con più sillabe e infine alle frasi. Noi facciamo il nostro lavoro, ma la collaborazione del paziente è decisiva. Geremia è stato dimesso a marzo, da noi viene una volta alla settimana per mostrare i propri esercizi ad altri pazienti. Ancora si esercita ogni giorno anche a casa per non perdere l'allenamento: è una sua scelta, perché ormai ha ben automatizzato questo tipo di voce". "Alice mi preparava parole e frasi in alcuni fogli - racconta Geremia. Io a casa leggo e ripeto. Penso ormai di aver imparato ma voglio tenermi in allenamento ogni giorno". Non è semplice. "L'aria in ingresso dalla bocca deve essere nella quantità giusta e il paziente deve saperla trattenere a livello faringeo - sottolinea Alice. L'aria, tramite la bocca e il naso, viene indirizzata verso l'esofago e da qui deve essere espulsa verso l'alto, per emettere suoni dalla bocca. La difficoltà più grande consiste nell'addestrare alla presa d'aria, evitando che il paziente sfiati." Il paziente crea e utilizza bocconi d'aria che alimentano la sua voce e sfamano il suo bisogno di parlare. Geremia sorride e chiude il racconto della sua storia: "Non ho mai dubitato che l'avrei potuto fare".

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