Black out all'ospedale tifernate. Marco Gasperi: "Quanto vale la tua salute? Meno di 7,5 euro"

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11 Dicembre 2017

"Con la presente il Movimento 5 Stelle di Città di Castello intende replicare a ciò che è stato pubblicato sul sito di cdc.net, ufficio stampa del Comune di Città di Castello, e sulle testate giornalistiche, per mezzo dei quali, dobbiamo essere sinceri, abbiamo visto raccontare la solita “verità parallela”.

Anche da questo episodio troviamo la conferma di ciò che il Movimento 5 Stelle nazionale ha sempre affermato in fatto di comunicazione ed informazione. La dura realtà è che l’informazione si può “ribilanciare” a proprio piacimento, la comunicazione può essere fortemente indirizzata e alla fine tutta la storia torna ad essere quella verità non falsa, ma distorta e ribilanciata a piacimento, nella quale viene minimizzato un concetto e amplificata la percezione di un altro al fine di portare al lettore l’idea che si ritiene politicamente meno compromettente.

L’esempio più pratico è come è stata raccontata la scorsa seduta della Commissione di Controllo e Garanzia nella quale si cercava di far luce su alcuni aspetti riguardanti il black out avvenuto all’ospedale di Città di Castello nel gennaio 2017. In quella sede si è a lungo discusso della mancata manutenzione e dello scarso controllo delle batterie ups che erano state, già al momento del black out, dichiarate a fine vita da circa 2 anni e 8 mesi (come si legge chiaramente nelle relazioni rilasciate dalla ditta che faceva i controlli, relazioni che peraltro hanno fatto di tutto per non darci). Ebbene, in questo caso si è dato risalto al tetto dell’ospedale che perdeva acqua. Si è a lungo discusso sul ruolo che dovrebbe avere chi gestisce la cosa pubblica e sul fatto che, dalle stesse precitate relazioni, è appurato che le batterie si presentavano con “rigonfiamenti e crepe” e che comunque era stata fatta la scelta da parte della direzione ospedaliera di non cambiarle, nonostante la ditta manutentrice avesse scritto già nel 2014 “si necessita di sostituzione per fine vita”. In questo caso è stata data la colpa all’Enel e hanno avuto il coraggio di affermare che se anche le batterie fossero state in regola chi avrebbe potuto dire che non sarebbero saltate lo stesso?

Abbiamo allora letto la scheda tecnica di quelle batterie e insieme abbiamo stabilito che le stesse si consumano “nascostamente” e smettono quindi di funzionare all’improvviso (ecco perché si da un fine vita e non si deve andare oltre nell’utilizzo, proprio perché non c’è modo di sapere esattamente quando smetteranno di funzionare; in pratica bisogna prevenire anche se i nostri direttori pare che invece amino curare). Anche su questo punto hanno sostenuto la loro tesi secondo la quale “loro si facevano da soli le prove e per loro era tutto perfettamente a posto".

Abbiamo anche chiesto perché, oltre ai loro “fai da te” (ovviamente e rigorosamente non relazionati), non ci sono state consegnate relazioni di controlli eseguiti da parte di ditte certificate per i periodi che vanno da giugno 2014 a circa luglio 2016 su un impianto già classificato oltre il fine vita, non controllato, con rigonfiamenti e con crepe. Per tutta risposta ci hanno detto che in quel periodo nessuna ditta aveva eseguito manutenzioni o controlli e che quindi le relazioni non erano state consegnate perché non esistevano e comunque per loro l’impianto era perfetto.

Ora, leggendo i vari articoli usciti che raccontavano come si era svolta la Commissione non ho letto esattamente una versione di questo tipo. Insomma, hanno dovuto dirlo ma lo hanno detto a modo loro.

Siamo tutti profondamente delusi sulle modalità con le quali certe cose, che riguardano la salute pubblica, vengono raccontate. Di fatto, di manutenzione e di controllo di un impianto che tieni accesi i respiratori dei pazienti ricoverati non ce n’è traccia e chi doveva invece farla ha ricevuto pure dei complimenti per come ha gestito un’emergenza che poteva egli stesso evitare. In qualunque altra nazione “seria e civilizzata” il responsabile sarebbe già stato sollevato dall’incarico, ma non qui, non a Città di Castello, non dove la politica decide a chi assegnare quel posto, non nella regione Umbria, dove il regime vanta ancora forza e dove tutto è deciso a tavolino da pochi e dove tutto ha un prezzo. Pure voi che leggete.

Il titolo di questo comunicato stampa afferma che la nostra salute vale meno di 7,5 euro; il costo di quelle batterie è di 300 mila euro e ci sono circa 40 mila tifernati. E’ una semplice divisione, noi per il regime valiamo meno di 7,5 euro cadauno.

Tutto ha un prezzo, ognuno di noi è stato prezzato, devo dire che noi tifernati non costiamo neanche troppo. Valiamo veramente così poco?"

 

 

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