Processo gratien: chiesti 27 anni di carcere per il padre congolese

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10 Maggio 2017
ttv

Ventisette anni di carcere per omicidio e soppressione di cadavere: questa la richiesta avanzata dal pm Marco Dioni per padre Gratien Alabi, il frate congolese accusato di aver ucciso Guerrina Piscaglia, la 50enne scomparsa oltre due anni fa da Ca’ Raffaello di Badia Tedalda. Il pubblico ministero ha parlato per circa sette ore, arrivando alla conclusione intorno alle 18 di ieri sera. Il movente del delitto, secondo l’accusa, sarebbe da ricercare nell’innamoramento morboso di Guerrina per padre Gratien, cosa che avrebbe provocato imbarazzo nel frate tanto da portare a un violento litigio avvenuto il primo maggio 2014 verso le 13.45. L’imputato era presente in aula, accompagnato dai legali Rizieri Angeletti e Francesco Zacheo, mentre il pm Marco Dioni ha ripercorso l’intera vicenda con meticolosità partendo dal 19 luglio 2014, data in cui le indagini partono realmente dal momento che il primo maggio 2014, giorno della scomparsa, la cosa era sembrata un allontanamento volontario. Secondo il pubblico ministero il frate, con il suo comportamento, ha volontariamente depistato le indagini. Per questo motivo, ha sottolineato il pubblico ministero, si sono persi almeno due mesi e il cadavere della donna non è stato trovato. Il pm ha posto l’attenzione anche sul materiale ritrovato nel computer di padre Gratien definito “arsenale ”. Attraverso l’esame dei più piccoli particolari, Dioni ha affermato che, sebbene “ci si muova in un ambito assolutamente indiziario”, si possa arrivare a evidenziare come il frate abbia commesso errori considerati fatali ai fini processuali, a cominciare dal fatto di aver utilizzato il telefono della donna scomparsa mandando dall’apparecchio un sms a un frate che conosceva solo lui. Guerrina Piscaglia, ha aggiunto Dioni, “non si sarebbe mai suicidata perché se lo avesse fatto il suo telefono sarebbe stato silente, invece si è riacceso fino alla mezzanotte del 24 agosto 2014″. In secondo luogo, secondo l’accusa, il frate avrebbe inventato “dal nulla” a partire dal 5 settembre il personaggio di zio Francesco, l’uomo che avrebbe detto dopo il primo maggio a padre Gratien Alabi che Guerrina voleva incontrarlo. L’uomo non è stato mai identificato e secondo il pm è totalmente di fantasia. ”L’invenzione di zio Francesco e’ la firma sull’omicidio”, ha aggiunto il pm Dioni, che ha definito “granitica” la responsabilità penale e ha chiesto la condanna contestando l’omicidio volontario e la soppressione di cadavere reati uniti dal vincolo della continuità. Prossima udienza il 12 ottobre con le arringhe delle parti civili. Conclusione del processo prevista con la sentenza entro novembre.

 

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