Alla ricerca della quinta dimensione con Pino Nania

L'artista ci ha parlato dei lavori che ne hanno impreziosito la carriera e dei suoi progetti

30 Aprile 2022
Pino Nania a Gricignano

Il professor Nania lo scorso dicembre a Gricignano all'inaugurazione della propria tavola dedicata a San Francesco

“Ho iniziato con il liceo artistico a Reggio Calabria, quindi i primi lavori li ho fatti a scuola”, racconta Pino Nania parlando dei suoi esordi. Dopo il diploma inizia un periodo di continui cambiamenti, la cui prima tappa è Napoli. Lì Nania apre uno studio d’architettura e soprattutto comincia ad avvicinarsi alla scultura, dopo essersi avvicinato all’arte grazie alla pittura. “La prima cosa che ho scolpito è stata una polena. Venne un mio amico a chiedermela, io all’epoca non sapevo nemmeno cosa fosse una polena”, ironizza Pino. “Il padre di questo mio amico era un critico d’arte e fu lui a consigliare al figlio di commissionarmi una scultura, pensando che ne fossi in grado semplicemente osservando i miei dipinti”.

“Il cervello che crea è lo stesso, indifferentemente se si tratta di scultura o pittura”, afferma Nania. “Bisogna conoscere bene la prospettiva e applicare le stesse formule. Un ottimo esempio può essere la Fontana di Trevi: la facciata di un palazzo che trova la sua continuità con la vasca”.

Le prime esperienze nel mondo della scultura Nania le fa con il legno, ma ben presto la voglia di sperimentare lo porterà a lavorare un’innumerevole quantità di materiali diversi, dalle pelli d’animale ai composti industriali. “Mi manca l’acqua, altrimenti posso dire di aver utilizzato di tutto”.

Come da sua stessa ammissione, i primi anni della carriera di Pino sono trascorsi in costante movimento. “Dalla Campania sono andato in Trentino, sono tornato prima in Calabria e poi a Napoli, infine mi sono stabilito in Valtiberina con la famiglia, dove abito da più di cinquant’anni. Ho vissuto la vita della pallina da flipper. Poi, come qualsiasi nave, è arrivato il momento di attraccare in porto e fermarmi”.

Fra tutti i viaggi intrapresi, per Nania il più importante è però stato quello in Grecia. “Per preparare degli esami universitari ho passato del tempo a Maratona. Questa esperienza mi ha permesso di orientarmi verso l’arte classica, al punto che non me ne sono mai staccato. Nonostante il trascorrere degli anni e l’alternanza di formule e stili, l’elemento classico c’è sempre”.

Che si tratti delle sue opere più moderne o di statue che si rifanno all’antichità, che l’artista illustra e spiega una per una con passione e dovizia, si può infatti evincere l’amore di Pino per l’arte classica, così come è lampante quale sia il suo soggetto preferito: il cavallo. E anche in questo caso, la spiegazione è da cercare in Grecia. “Tutte le immagini realizzate dai greci si basano sulla matematica. Quando costruivano i templi, non usavano il metro come noi, ma il modulo. Con questo sistema, hanno teorizzato la sezione aurea del segmento, ovvero il modo di proporzionare al meglio una figura geometrica. La figura del cavallo rispetta bene questa sezione aurea, passando dalla formula geometrica alla figura. In più, oltre alla soddisfazione dal punti di vista armonico, nelle mie opere cerco sempre anche una soddisfazione dinamica, che ritrovo non solo nei cavalli, ma anche in soggetti come ballerini o uccelli in volo”. Il legame di Nania con gli equini non sembra inoltre volersi fermare, visto che l’artista sta attualmente lavorando a un'opera dedicata al prossimo Palio di Siena.

Fra tutti i progetti che Pino ha portato avanti nel corso della sua lunga carriera, proprio l’ultimo potrebbe rappresentare una delle sfide più affascinanti. “Oggi sono alla ricerca della quinta dimensione. Il movimento cubista ha sdoganato la quarta dimensione e su quella scia io mi sono inventato la quinta, intesa come ciò che lo spettatore riesce a vedere oltre a quello che effettivamente c’è. Guardi un’opera e all’inizio vedi solo un pezzo di legno che sale, ma osservando con attenzione cogli la presenza di due persone che si baciano, quindi un sentimento, che carpisci solo grazie all’intuito”.

“Poi ovviamente porto avanti anche la fase che io chiamo Cromater, ovvero l’unione fra cromatico e materico, nata qualche anno fa quando mi è stato diagnosticato il morbo di Parkinson. Da quel momento ho deciso di fare al meglio quello che posso fare, mentre quello che non riesco a fare non lo comincio nemmeno. Quindi ho deciso di dedicarmi al massimo a questa unione fra materia e colore”.

Dove non altrimenti specificato, le foto sono state messa a disposizione dall'artista.

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L'artista ci ha parlato dei lavori che ne hanno impreziosito la carriera e dei suoi progetti