San Francesco, la chiesa “speciale” nel cuore della gente di Sansepolcro
È una fra le più antiche in assoluto fra quelle dedicate al “serafico” di Assisi. Primo esempio di stile gotico in città, ha subito mutamenti nel suo interno e fino al 1987 è stata retta dai minori conventuali
La chiesa di San Francesco a Sansepolcro
Sapevate che la chiesa di San Francesco a Sansepolcro è una fra le prime costruite in onore del “serafico” di Assisi? E perchè non rispecchia lo stile classico delle chiese a lui dedicate? Cerchiamo di dare queste risposte nell’approfondimento incentrato su quella che, dopo la cattedrale, è stata e comunque continua a essere per i biturgensi la seconda chiesa a livello di importanza e devozione.
Con la figura di San Francesco, il rapporto e l’affetto sono sempre stati speciali anche al Borgo, non dimenticando che la sola presenza dell’eremo di Montecasale è un elemento forte che lega la storia del santo a quella della città. In secondo luogo, mettiamo la vicinanza con i frati minori conventuali, l’ordine che ha retto la chiesa fino a pochi decenni fa.
Il numero sempre decrescente di religiosi ha fatto sì che la vitalità di questa chiesa arrivasse a un lento declino, rimanendo intatta nella sua bellezza. I frati non ci sono più, il chiostro attende da lungo tempo una adeguata ristrutturazione e i locali che un tempo costituivano il convento con tanto di clausura sono oggi sale e laboratori del liceo artistico “Giovagnoli”.
Specie negli anni ’60, ’70 e ’80, la chiesa di San Francesco era molto frequentata, grazie anche alle attività messe in piedi dai frati di allora: il terz’ordine francescano (ovvero quello composto dai secolari), il Coro dei Piccoli Cantori divenuto poi Corale Domenico Stella e la nutrita “squadra” di chierichetti che prestava servizio durante le Sante Messe, ordinarie o solenni che fossero. Perché a San Francesco non era festa grande soltanto il 4 ottobre, giorno in cui si celebra il patrono d’Italia e dell’ecologia, ma anche l’8 dicembre per l’Immacolata Concezione e il 13 giugno per Sant’Antonio di Padova.
Non solo: fino al 1974, la chiesa di San Francesco era anche e soprattutto parrocchia e il suo territorio arrivava fino al confine con l’Umbria, poi con la realizzazione della chiesa di San Paolo Apostolo nella nuova zona residenziale di San Lazzaro venne tolta ad essa una bella fetta di territorio, da metà di via Anconetana fino all’Umbria. Ma torniamo all’inizio della storia.
Nel 1258 la posa della prima pietra
La chiesa di San Francesco e l’annesso convento sono intanto il primo esempio di stile gotico a Sansepolcro. La costruzione è da far risalire al periodo compreso fra il 1258 e il 1321 e tutto è partito dal 1250, anno della morte di Federico II. La guerra fra guelfi e ghibellini è sul punto di esplodere e i cittadini del Borgo tentano di allargare i loro confini senza riuscirvi. Il clima è pesante, prevalgono lotte e tensioni e a portare pace, anche attraverso le sue predicazioni, è fra Andrea Caccioli da Spello, discepolo di San Francesco, al quale Ser Orlando Deoteguardi promette un terreno per la realizzazione di chiesa e convento.
La promessa viene messa “nero su bianco” il 12 settembre 1258 e un atto notarile firmato anche dal podestà Ser Tarlato di Pietramala concede a fra Tommaso da Spello e ai frati minori di Santa Maria di Pozzuolo un terreno in località “Le Giunte”, quello nel quale si trova tuttora il complesso di San Francesco. Le dimensioni sono le seguenti: 82 tavole e 6 piedi, all’interno dei quali dovevano stare la chiesa, il convento, le piazze e gli orti a glorificazione di Dio e di San Francesco. I lavori prendono subito il via e dopo la morte del Beato Ranieri, datata 1° novembre 1304, il Comune fa erigere l’altare maggiore della chiesa; da quel giorno fino all’Ascensione dell’anno successivo – questione perciò di mesi – le autorità comunali raccolgono molte attestazioni di miracoli per la canonizzazione del frate, la cui salma è conservata nella cripta della chiesa di San Francesco ed è visitata da molte donne in dolce attesa, poiché il Beato Ranieri è ritenuto il protettore delle partorienti.
Nel 1321 viene installata la campana maggiore ed ecco quindi spiegato il motivo per il quale la costruzione di chiesa e convento sono da inquadrare in questo lasso temporale. In origine, la chiesa di San Francesco è composta da una sola navata con tre cappelle nella parte absidale e con altre sulla destra della navata; risale al 1444 la collocazione sull’altare maggiore del polittico del Sassetta. Con il passare dei secoli, l’interno si arricchisce di altari di patronato di famiglie nobili e di monumenti funebri alla memoria di defunti illustri con pitture e sculture. La chiesa di San Francesco cambia quindi aspetto, anche se le strutture architettoniche rimangono intatte. E siccome nel ‘700 va di moda lo stile barocco, per le volte e gli stucchi il rifacimento è totale, anche se prende il via solo nel 1752, con progettista Antonio Maria Lancisi del Borgo.
La riapertura al culto è datata 1760, nonostante il prolungamento dei lavori di rifinitura; la chiesa viene coperta con la volta e accorciata, poiché la cappella maggiore è rifatta, mentre gli altari in pietra vengono conservati. Il 1783 è l’anno del completamento degli interventi e a consacrare la chiesa è il vescovo Roberto Ranieri Costaguti; l’interno è completamente trasformato con l’apposizione della volta e del coro semicircolare. Viene mantenuto l’impianto originario a navata unica, tipico degli ordini mendicanti. In una nicchia della controfacciata è conservata una statua in terracotta policroma del XV secolo che raffigura Sant’Antonio di Padova; si tratta di una delle poche opere realizzate nel periodo antecedente al rifacimento settecentesco.
Sempre nel 1783, i frati minori conventuali – subentrati nel 1517 con la divisione dell’Ordine francescano e rimasti fino al 1987 - si impegnano per il riconoscimento del titolo al Beato Ranieri, concesso poi nel 1802 da Papa Pio VII, ma nel 1810 avviene che Napoleone Bonaparte ordina la soppressione di tutte le corporazioni religiose; nel 1812, è accolta la domanda presentata dal vescovo Costaguti, che chiede al governo la chiesa e una parte del convento per potervi trasferire la parrocchia e la canonica di San Niccolò. Non a caso, anche sui vecchi timbri con i quali si bollavano i certificati stava scritto “Parrocchia di San Niccolò in San Francesco”.
Il governo di Vittorio Emanuele II opta per una drastica soppressione e nel 1868 tutto passa al demanio, poi al Fondo per il Culto e infine al Comune, che nel 1892 trasforma l’orto di sotto in giardino pubblico, dove proprio quell’anno viene eretto il monumento a Piero della Francesca dello scultore Arnaldo Zocchi. Il parroco, che non è d’accordo con questa decisione, ricorre al Tribunale di Arezzo, che condanna il Fondo per il Culto e la Corte di Appello di Firenze conferma la condanna nel 1896; i frati conventuali avevano avuto dunque ragione, ma davanti al nuovo giardino e al monumento sentono un dovere di rispetto, non rivendicando il loro orto: il Comune restituisce il terreno e di fatto se lo riprende perché i frati ne fanno donazione.
Fra i fatti di cronaca più recenti, c’è senza dubbio il forte terremoto del 13 giugno 1948, che proprio nella chiesa di San Francesco fa registrare l’unica vittima, una giovane donna rimasta sepolta a causa del crollo parziale di una volta. Le conseguenze del sisma si estendono anche alla struttura del campanile, per il quale si rende necessaria la messa in sicurezza con la costruzione di uno scheletro in cemento armato. Non solo: viene abbattuto il muretto in pietra che delimita la terrazza alla base della punta del campanile e sostituito con una ringhiera in ferro.
Per il resto, la chiesa di San Francesco mantiene una buona fetta di quegli elementi che aveva nella versione originale: ci sono la facciata con il grande occhio e con il portale ad arco trilobo, il campanile, le volte a costoloni dell’antico coro, i muri perimetrali della chiesa e alcune strutture del convento, come la sala capitolare. Ma se la facciata è ben conservata, lo stesso non si può dire per le tribune e i fianchi, nei quali sono state addossate abitazioni. L’interno della chiesa è stato infatti in gran parte modificato e trasformato. Sono rimasti i muri perimetrali, mentre sono state distrutte le due cappelle laterali nella cappella absidale; restano l’altare maggiore e i cinque altari laterali settecenteschi.
Frequenti sono monumenti funebri o tele, come quello nella controfacciata in memoria di Cesare e Leonardo Bernardini e nel primo altare a destra con stemma gentilizio si vede una tela ad olio di Raffaello Schiaminossi con la Madonna e il Bambino, San Carlo Borromeo e il Beato Ranieri. A fianco, la Cappella del Santissimo Sacramento custodisce sotto l’altare un Cristo morto del secolo XVII. La cappella a destra è invece dedicata all’Immacolata Concezione e chiusa da una inferriata ottocentesca; nel secondo altare a destra, c’è invece un olio su tela con le stigmate di San Francesco, attribuito al pittore biturgense Giovanni De Vecchi. Nel secondo altare a sinistra, c’è una tela con Dio Padre e i Santi Pietro e Paolo dell’artista Francesco Curradi (1628), mentre il primo è ornato dalla Disputa di Gesù tra i Dottori di Domenico Cresti (1590), detto “il Passignano”.
Le due “perle”: l’altare maggiore il polittico del Sassetta, oggi disseminato da più parti
Il vero gioiello della chiesa è però l’altare maggiore in pietra, capolavoro gotico eseguito nel 1304; è a forma di sarcofago con ai lati colonne tortili, una diversa dall’altra. Nell’iscrizione in latino, incisa sul bordo della mensa, si legge: “nell’anno del Signore 1304 nella festa di tutti i Santi San Raniero passò al Signore e il Comune fece costruire quest’altare ad onore di Dio e a gloria di detto Santo”.
Fino al 1810, sull’altare maggiore c’era il grande polittico che il Sassetta (Stefano di Giovanni di Consolo) ha dipinto fra il 1437 e il 1444, ma che oggi è smembrato con i pezzi divisi fra musei e collezioni private. Dipinto su due lati, per un totale di quasi 60 scene figurate, era il più grande complesso pittorico su tavola del Quattrocento italiano.
Opera luminosissima e con parti di astratto lirismo, ebbe influenza su Piero della Francesca e quindi sullo sviluppo del Rinascimento italiano e fu dismesso dall’altare maggiore durante la Controriforma. Grazie al polittico del Sassetta, per tutto il secolo XV la chiesa era divenuta modello per la realizzazione di arredi liturgici in altri edifici religiosi.
Luca Pacioli e il Beato Ranieri, i frati più conosciuti
Nel convento di San Francesco a Sansepolcro vi sono stati frati anche di particolare spessore culturale; su tutti, fra Luca Pacioli, conosciuto in primis per essere stato un matematico ed economista, autore di trattati su aritmetica e geometria, nonché fondatore della ragioneria. Il grande matematico biturgense entrò nel 1470 nell’ordine francescano dei minori conventuali (appunto quelli di San Francesco) e abitò nel convento in alcuni periodi della sua vita. In sua memoria, è stata eretta nel 1994 la statua nella piazza della chiesa, opera dell’artista Franco Alessandrini.
Ricordiamo, fra i frati più noti, anche Michelangelo di Simone e Francesco d’Asciano, apprezzati maestri vetrai, ma l’altra figura storica è senza ombra di dubbio il Beato Ranieri dal Borgo, dove era nato (c’erano dei punti interrogativi sulla sua provenienza, poi fugati) fra il 1230 e il 1240; Ranieri chiese ai primi francescani venuti a Sansepolcro di unirsi a loro, svolgendo le mansioni di fratello laico ma con regolare professione religiosa.
Piccolo di statura, era un uomo umile e servizievole, amato e venerato dai borghesi. Era lui a occuparsi di cucina, orto, questua e cura degli ammalati; come già ricordato, il Beato Ranieri morì il giorno di Ognissanti del 1304 e la sua fu una morte improvvisa, mentre preparava la mensa disponendovi il vino. La leggenda narra che le campane iniziarono a suonare da sole, mentre il giorno seguente avvenne il suo primo miracolo e un anno dopo vennero raccolte circa 60 testimonianze di miracoli avvenuti per sua intercessione.
Nel 1314, fu intitolata una campana in suo nome (la “Raniera”), che suonava spesso in occasione di parti difficili: le partorienti veneravano infatti il Beato Ranieri come loro speciale protettore e fra i miracoli a lui attribuiti vi sarebbe la resurrezione di due bambini. Il corpo imbalsamato del Santo riposa nella cripta sotto l’altare maggiore dentro un’urna lignea cinquecentesca intagliata e dorata. Sul coperchio è dipinta a tempera la guarigione miracolosa di alcuni ammalati ad opera del beato.
Nel grande polittico con la gloria di San Francesco dipinta dal Sassetta nel 1444 (polittico oggi smembrato e venduto tra Parigi, Londra e Berlino), il Beato Ranieri è raffigurato con Sant’Antonio alla destra della Madonna, con in mano la corona. Il Beato Ranieri, infatti, non sapeva probabilmente né leggere né tantomeno scrivere e il suo libro di preghiera era proprio la corona. Una raffigurazione che rafforza la semplicità e al tempo stesso la forza di questa amata figura di Santo.
Due parole sull’antico convento e sul chiostro. Negli antichi locali, dopo la soppressione napoleonica del governo italiano, vi trovarono sede una caserma, poi un orfanotrofio e successivamente due scuole pubbliche. Da fonti storiche, risulta che nel 1790 risiedevano nel convento sette padri e alcuni fratelli laici. Un luogo dunque dedicato alla carità cristiana e all’istruzione. Anche la chiesa di San Francesco ha dovuto fare i conti con i terremoti che a più riprese l’hanno danneggiata, ma è riuscita a mantenere le sue prerogative atipiche, ovvero uno stile francescano che è evidente solo nella facciata e non negli interni.
I periodi d’oro della chiesa e della parrocchia
Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso – come già evidenziato - la chiesa di San Francesco ha vissuto i periodi più belli e intensi, grazie all’impegno e allo spirito di iniziativa dei frati che hanno popolato il convento e che avevano reso vitali chiesa e parrocchia.
Da Padre Tarcisio Della Rovere in poi, alla guida della parrocchia di San Francesco si sono succeduti Padre Ferruccio Toncelli, che con i giovani aveva fondato la “Nuova Frontiera”; Padre Ugo Renzi, che il 22 novembre 1967 diede vita al coro dei Piccoli Cantori, seme dal quale nel 1970 sarebbe poi nata l’attuale Corale Domenico Stella, il gruppo vocale diretto per lungo tempo dallo stesso Padre Ugo; e poi, Padre Arturo Innocenti (biturgense, deceduto anche lui), Padre Italo Renzi e Padre Felice Baldo, prima del ritorno di Padre Ugo nelle vesti di semplice rettore, perché oltre trent’anni fa a San Francesco venne tolta la parrocchia e accorpata con quella del duomo, a seguito anche della crisi di vocazioni in atto, che aveva ridotto all’osso la presenza dei religiosi.
Vivo è anche il ricordo degli ultimi “eredi” del Beato Ranieri: i sagrestani, figure chiave e di raccordo fra religiosi e fedeli. Non cantavano Messa ma indossavano la tonaca, facevano professione di fede e obbedienza e dovevano provvedere al governo della chiesa e del convento: a loro, insomma, spettava il compito tanto di sostituire la candela consumata quanto di comperare pane e companatico se in cucina non c’era nulla. Dagli anni ’60 in poi si sono avvicendati Fra Tommaso Nanni, Fra Giovanni Calzolari e Fra Andrea Fiorini da Montelupo Fiorentino, che da molti anni presta servizio nella basilica “madre” dell’ordine, quella di Santa Croce a Firenze.
Organo e campane, pezzi di storia
Organo e campane sono elementi distintivi della chiesa di San Francesco a Sansepolcro; anzi, per meglio dire, sono proprio pezzi di storia della stessa. L’antico organo di epoca ottocentesca, posizionato sulla cantoria di destra, è stato costruito da una famiglia organaria: la Righi di Sansepolcro. Lo strumento è dotato di 13 registri comandati da manette a incastro e di due pedaletti, uno per il “ripieno” e uno per la “combinazione libera alla lombarda”; possiede una tastiera di 56 note e una pedaliera dritta di 20. Elettrificato negli anni ’50 del secolo scorso, è stato restaurato e ampliato nel 1972 su volontà del commendator Marco Buitoni e della moglie Celeste. Una lapide nella cappella laterale ricorda il gesto dell’imprenditore che per i biturgensi era affettuosamente il “sor Marco”.
È stato aggiunto un nuovo corpo d’organo dotato di una consolle indipendente a trasmissione elettro-pneumatica, con assieme due manuali da 56 note e una pedaliera concavo radiale di 32 note. Il corpo d’organo “espressivo” è dotato di 10 registri, il tutto grazie alla ditta Giustozzi di Foligno. Nel febbraio del 1973 la sua inaugurazione ufficiale con due concerti in San Francesco: il primo, venerdì 9, di solo organo tenuto dal maestro padre Ermando Vandelli, frate minore conventuale; il secondo, domenica 11, di coro e organo tenuto dalla corale “Domenico Stella”, diretta dal già ricordato padre Ugo Renzi. È stato il primo di una lunga serie di concerti che la corale avrebbe tenuto, andando avanti tuttora. Nel 2016, l’organo è stato di nuovo restaurato per opera del maestro Lorenzo Tosi, organista della cattedrale e del maestro Paolo Fiorucci, attuale direttore di corale “Domenico Stella” e coro “Città di Piero”.
Passando alle campane, sono in totale sei quelle presenti nella cella, montate su una struttura di sostegno in ferro detta “castello”, a seguito della loro elettrificazione. Delle sei campane, cinque sono funzionanti: la sesta non rientra nel pannello di controllo elettronico, ma si può suonare a mano, tirando la corda ed è la campana che i frati usavano in passato per scandire i momenti quotidiani della vita conventuale. Il campanone, fuso nel 1765 da Giovanni Battista Donati Aquilano, è dedicato a San Bonaventura, mentre la “Raniera” – quella dedicata al Beato Ranieri – è stata donata nel 2004 dal Comune di Sansepolcro e sostituisce la vecchia campana che portava lo stesso nome, risalente al 1623 e a sua volta risultato della fusione della campana originaria che portava il nome del beato fin dal 1314.
La “Raniera” suona ogni volta che in città c’è il lieto evento, ovvero la nascita di un bimbo o di una bimba, su richiesta dei genitori. C’è poi la campana chiamata “Ave Maria”, fusa nel 1421, che suona appunto la sera, nell’ora dell’Ave Maria, mentre la “Mezzana” porta lo specifico nome perché viene suonata come ultimo richiamo per la Santa Messa. Questa la storia della chiesa di San Francesco, che conserva il proprio ruolo fra i monumenti principali di Sansepolcro, ma che ha perso la sua grande essenza: i frati. Loro l’avevano resa speciale nel cuore dei biturgensi, da sempre devoti al santo di Assisi.