"Corpo Celeste": al via la mostra fotografica di Alessandra Baldoni

A CasermArcheologica il lavoro realizzato con gli studenti e le studentesse di Sansepolcro

28 Ottobre 2022
corpo celeste mostra casermarcheologica

Sabato 29 ottobre, alle 17 (ingresso gratuito), appuntamento a CasermArcheologica, a Sansepolcro, per la presentazione della mostra fotografica “Corpo celeste” della fotografa e poetessa Alessandra Baldoni: le fotografie che verranno presentate sono il frutto della residenza artistica che si è tenuta a CasermArcheologica lo scorso giugno. Tre giorni di residenza che hanno visto il coinvolgimento di ben 40 adolescenti, grazie alla preziosa collaborazione di alcune insegnanti delle scuole di secondo grado del territorio quali Simona Possenti del Liceo Giovagnoli, Ilaria Margutti del Liceo Città di Piero e Cristina Falleri, Presidente dell'Associazione il Timone.

I ragazzi si sono confrontati con l’artista su alcuni argomenti molto vicini alle loro sensibilità, riflettendo sulle paure di questo tempo, ma anche sui desideri per il futuro, fatti di aspettative e di luoghi ancora impossibili da immaginare. Sono stati allestiti set fotografici arricchiti da fiori, oggetti personali, abiti e costumi teatrali grazie ai quali, attraverso l'obiettivo fotografico e allo sguardo poetico di Alessandra Baldoni hanno posato per cercare di "creare e immaginare mondi, rendendoci esploratori di possibilità". 

Negli stessi giorni l'artista ha visitato alcuni luoghi di Sansepolcro, musei, archivi, parchi, angoli seminascosti densi di fascino. Gli scatti realizzati sono accostati ai volti dei ragazzi come se avessero stabilito un dialogo poetico e suggestivo che racconta la città e la sua comunità più giovane.

Com’è nato il progetto?

Da quasi 10 anni tengo workshop di fotografia narrativa a CasermArcheologica, con adolescenti di età compresa tra i 14 e i 19 anni. L’obiettivo di questi laboratori è riflettere su cosa sia la fotografia, su quale sia il significato delle immagini, per arrivare a raccontare delle storie. Partiamo dai grandi autori della fotografia narrativa, quali  Sophie CalleDuane Michals, da cui traiamo ispirazione e l’intento è quello di far raccontare ai ragazzi, attraverso gli scatti, qualcosa di loro, in modo che possano esprimersi. In questi laboratori con gli adolescenti, io sono la “regista”, li guido e i ragazzi arrivano a scattare le foto. 

Per questo progetto, invece, con Ilaria Margutti e Laura Caruso di CasermArcheologica abbiamo pensato di fare una call, invitando giovani ragazze e ragazzi a farsi fare un ritratto da me, a mettersi in gioco. Così è nata questa residenza artistica. Ho chiesto ai partecipanti di scrivere su un biglietto anonimo la loro più grande paura e il loro più grande desiderio. Poi mi sono confrontata con ciascuno di loro raccogliendo sensazioni, impressioni che ho cercato di raccontare attraverso una metafora con la fotografia. Il progetto nasce anche dalla mia urgenza di tornare a fotografare i volti dopo due anni di pandemia, di “volto negato”, di visi a metà coperti dalla mascherina. Il volto è la nostra identità, una mappa geografica che ci identifica. In tre giorni ho fotografato 40 ragazzi e ho riscontrato grande entusiasmo, avvertendo la loro esigenza di ascolto.  

Ulteriore passaggio del lavoro è stato capire come restituire alla comunità questo censimento di volti. Tra i miei progetti c’è “Atlas”, che trae ispirazione dal lavoro dello storico e critico dell’arte tedesco Aby Warburgh e dal suo “Atlante Mnemosyne”: un’atlante di immagini provenienti da periodi storici diversi che Warburg accostava per assonanze, per significati, convinto che nella nostra storia collettiva europea ci fossero delle “ritornanze”. Affascinata dal suo lavoro, ho iniziato anche io a fare il mio Atlas: a costruire delle sequenze, dei dittici o trittici di immagini che sono mie e che metto insieme per rima, per assonanza o dissonanza, cercando qualcosa che le faccia dialogare. Ho deciso di accostare i volti dei ragazzi ad altre immagini appartenenti al passato storico, culturale, pittorico di Sansepolcro, cercando delle somiglianze. Per scattare queste immagini ho attraversato tanti luoghi della città: da Aboca al Museo Diocesano, incontrando una grande disponibilità e gentilezza da parte di chi mi ha accolto. E ho trovato assonanze pazzesche! 

Che significato ha il titolo della mostra, Corpo celeste?

Corpo celeste ha un doppio significato: uno “stellare” perché ho utilizzato 4/5 immagini non mie, prese del sito della NASA che le mette a disposizione in alta risoluzione. La Terra stessa è un corpo celeste e l’umanità risuona fuori dal proprio pianeta. L’altro riferimento è letterario: si tratta di “Corpo celeste”, il libro di Anna Maria Ortese che si compone di brevi scritti. La Ortese scrive di terra, di individui, di differenze. Nelle sue parole c’è la componente del mistero che siamo e del mistero che attraversiamo. Un’opera d’arte è un’opera d’arte perché non svela mai tutto, è come se avesse un segreto, come se sussurrasse qualcosa. E in questi nostri tempi che danno un nome unico alle cose, mi sembra importante non cogliere tutto, l’idea della varietà, del mistero, di ciò che non è sempre afferrabile. 

Sulla base alla tua esperienza nei laboratori, che relazione c’è tra la fotografia e le nuove generazioni? 

Io non insegno come fotografare in studio, ma nei corsi riflettiamo su come pensare un’immagine, in un mondo in cui siamo sommersi da input visivi e noi stessi scattiamo tante fonto che non riguardiamo e rimangono sul cloud. Tutto scorre velocissimo e niente viene più stampato. Nei laboratori riflettiamo sul senso della fotografia, sull’idea che viene prima dello scatto. Io devo fotografare per raccontare qualcosa. L’elemento di rottura che porto a questi ragazzi è sottrarli a questa abitudine di fare tanti scatti, lavoriamo sul processo opposto: prima ho un’idea, la costruisco, poi la metto in scena scattando poco perché non c’è bisogno di fare tante foto. Il lavoro è dare significato alla fotografia. Quando capiscono che la fotografia è un linguaggio ed è uno strumento d’arte che può aiutarli a raccontare qualcosa di loro, allora diventa una liberazione. 

Alessandra Baldoni, fotografa e poetessa, come dialogano poesia e fotografia?

Per me sono molto vicine: sono declinazioni della narrazione. Prima di tutto sono una grande lettrice e le mie emozioni sono appese al rigo della lettura. La uso anche nei workshop, partiamo da lì perché la letteratura incendia l’immaginazione. Ho sempre scritto delle piccole sceneggiature per uno scatto. Prima della fotografia viene il lavoro di scrittura. Prossimamente sarò a Milano per una mostra su un progetto che accosta fotografia e poesia, e che nasce nella Galleria Nazionale dell’Umbria: “Pigre divinità e pigra sorte”, titolo che omaggia la poetessa Patrizia Cavalli.

Alessandra Baldoni nasce a Perugia nel 1976, vive e lavora a Magione, un paese vicino al Lago Trasimeno. Ha esposto in Italia e all’estero e le sue opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche e private. È finalista e vincitrice di diversi premi internazionali. Nel 2020 ha vinto il Premio Tiziano Campolmi a “Booming Contemporary Art Show” di Bologna, l’open call di “Fotografia Europea” di Reggio Emilia, ed è stata finalista al Premio BNL del “Mia Photo Fair” di Milano. Nel 2021 è tra le vincitrici della call di “Fotonoviembre” a Tenerife e finalista al Premio New Post Photography al “Mia Photo Fair” di Milano. Ha preso parte alla residenza “Return2Ithaca” a Itaca, curata da Nina Kassianou, Martin Breindl e Krzysztof Candrowicz, i cui esiti sono diventati una mostra itinerante, già esposta a Itaca e Vienna e che nei prossimi mesi toccherà altre città d'Europa.

Sabato 29 Ottobre, ore 17.00 CasermArcheologica
Via Aggiunti 55, Sansepolcro (AR)
INGRESSO GRATUITO

www.casermarcheologica.it
www.alessandrabaldoni.it 

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Abstract
A CasermArcheologica il lavoro realizzato con gli studenti e le studentesse di Sansepolcro