Tassa rifiuti in Umbria: i costi non calano nonostante le attività chiuse per il Covid 19

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12 Marzo 2021

«La tassa rifiuti TARI continua a rappresentare per le imprese del nostro territorio un peso insostenibile e spesso ingiustificato, se si considerano le iniquità che lo caratterizzano». La denuncia di Confcommercio Umbria parte dall’analisi dei dati raccolti dal portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it, che conferma il peso eccessivo della Tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese, nonostante l’emergenza da Covid-19 abbia obbligato molte attività a chiudere e nonostante si sia registrata nel 2020 una contrazione del Pil di quasi 9 punti percentuali, con conseguente riduzione di consumi e di rifiuti. Nell’andamento regionale per capoluoghi, l’Umbria conferma l’andamento nazionale: la differenza percentuale tra Tari pro-capite 2020 e Tari pro-capite 2019, sia a Perugia che a Terni, è infatti pari a zero. Nonostante la chiusura delle attività, e il calo dei rifiuti che a livello nazionale è del 15% rispetto all’anno precedente, l’ammontare della TARI non è sostanzialmente cambiata. E nonostante gli interventi di alcuni Comuni umbri che, avendo concentrato le riduzioni di costo sulla parte variabile della tassa come da indicazione dell’Arera, complessivamente non hanno inciso in maniera significativa sul peso sopportato dalle imprese. «La cosa paradossale – sottolinea il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni – è che l’obiettivo della delibera Arera era quello di indurre i Comuni al pieno ed integrale rispetto del principio europeo “chi inquina paga”. Se confrontiamo i costi sopportati dalle imprese umbre con quelli di altre regioni, vediamo non solo che il principio è stato del tutto disatteso, ma che si sta perpetrando una palese ingiustizia, soprattutto per alcuni settori costretti alla chiusura per lunghi periodi e quelli legati al turismo che non c’è.In Umbria i negozi di abbigliamento, ad esempio, sono quelli che pagano di più in Italia, con una tariffa di 9,72 euro a metro quadrato, seguiti da Liguria e Campania. Stesso “record” per gli alberghi senza ristorante, che pagano la tassa sui rifiuti più alta di tutti gli esercizi dello stesso tipo in Italia. Mentre gli alberghi con ristorante sono secondi, dopo la Campania.Primato della tariffa più alta in Italia anche per gli studi professionali, gli autosaloni e perfino per i banchi di mercato dei beni durevoli. Questo drammatico elenco - aggiunge il presidente di Confcommercio Umbria - potrebbe continuare per molte altre categorie. Conclusione: si è fatto poco per le imprese chiuse per Covid e nulla rispetto a quelle attività che sono rimaste aperte, ma che, a seguito degli orari di attività ristretti, dei contingentamenti e della minor propensione dei cittadini a uscire e consumare, hanno registrato cali di fatturato significativi.I dati che abbiamo raccolto oggi dovranno essere alla base di un rinnovato confronto costruttivo con le amministrazioni locali e con l’Anci. Servono infatti interventi strutturali affinché venga recepito il nuovo metodo tariffario determinato dall’Arera, vincolando la Tari al rispetto del principio europeo “chi inquina paga”. Ma servono anche misure emergenziali, visto il perdurare della diffusione epidemiologica da Covid-19. Chiediamo allora che siano esentate dal pagamento della Tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure l’attività o a riduzioni di orario. Analoghe misure dovranno essere riconosciute in favore di tutte quelle altre imprese che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato – e quindi dei rifiuti prodotti - a causa della contrazione dei consumi».

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