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“Quella dell’Occidente e di Israele è l’insipienza della prepotenza”

Nell’evento conclusivo delle celebrazioni per i 40 anni de l’Altrapagina, Mario Capanna e Luciano Neri hanno raccontato la questione palestinese a CasermArcheologica

Da Gaza a Sansepolcro, contro lo sterminio e per la pace. Sabato 11 gennaio, presso la CasermArcheologica di Sansepolcro, in via Niccolò Aggiunti, Mario Capanna e Luciano Neri hanno presentato il loro ultimo volume, scritto a quattro mani, dal titolo Palestina Israele. Il lungo inganno. La soluzione imprescindibile.

L’onorevole Capanna, politico e scrittore nato a Città di Castello, è stato attivista e volto storico del movimento del ’68 italiano, nonché fondatore del partito Democrazia Proletaria. All’indomani del suo ottantesimo compleanno, Capanna ha deciso di presentare il suo lavoro al pubblico, mostrando accorata preoccupazione per la causa palestinese, uno spirito ancora vivace e una mente lucida in grado di custodire la memoria storica di quanto accaduto in quei luoghi. 

Il libro, edito da Mimesis e pubblicato nell’aprile del 2024, racconta il conflitto nella Terra Santa e il titolo descrive perfettamente il contenuto: evidenziare come la Palestina sia stata per lungo tempo ingannata durante le trattative diplomatiche e proporre delle risposte pratiche per porre fine al conflitto. Una guerra che non comincia il 7 ottobre 2023, ma che in realtà dura da quasi ottant’anni. Per realizzare il testo, i due autori si sono avvalsi di bibliografia e dati, ma soprattutto della loro personale esperienza di viaggi e relazioni in Palestina che dura ormai da mezzo secolo. L’evento è stato anche l’occasione per celebrare il termine della mostra del giornale tifernate L’Altrapagina.

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L’incontro, partecipatissimo, è stato inaugurato da una breve presentazione di Laura Caruso, la quale ha raccontato in breve l’attività dell’associazione culturale, e ringraziato spettatori e relatori. Il primo a prendere la parola per presentare il testo è stato Luciano Neri, analista politico esperto di Medio Oriente e America Latina, con un passato come consigliere politico al Ministero degli Esteri. Neri, inoltre, è stato tra i fondatori del gruppo di dialogo per la pace tra israeliani e palestinesi.

Israele non ha niente a che fare con l’ebraismo, la Diaspora o l’Olocausto – ha dichiarato il coautore all’inizio del suo intervento –. È un fenomeno ottocentesco: il concetto che il popolo ebraico debba avere uno Stato tutto suo inizia nella Conferenza di Berlino del 1884, quando viene introdotto il concetto di Terra Nullius. La Palestina veniva vista come una terra senza popolo e gli ebrei come un popolo senza terra. Israele nasce, quindi, in una condizione di colonialismo”.

Purtroppo, secondo quando ricostruito dal professor Neri, questa affermazione era falsa: gli insediamenti abitati dai palestinesi erano già molti, densamente abitati e già negli anni ’20 del XX secolo la Palestina possedeva una compagnia aerea e una propria rete ferroviaria che collegava la regione del Nord Africa con le città di Damasco e Baghdad. Il territorio venne acquisito dal Regno unito dopo la Prima Guerra Mondiale a seguito del disfacimento dell’Impero Ottomano, per poi cederlo ai coloni ebrei sionisti. La fondazione dello Stato d’Israele è del 1948, ma l’inizio del colonialismo sionista della regione risale a molti anni prima.

Israele ha il record assoluto delle violazioni delle regole sancite dall’Onu – ha proseguito il docente –, ma mentre altri Paesi sono stati pesantemente condannati, Israele non viene mai toccato, né ci sono sanzioni a suo carico. Per mettere le cose in prospettiva: la Regione Lombardia è molto più grande e popolosa di Israele. Potrebbe mai la Lombardia dichiarare guerra al mondo e imporre la sua visione sugli altri Paesi?”

Neri ha inoltre insistito sull’inconsistenza delle origini storiche di Israele: “Zev Herzog è un archeologo di Tel Aviv. In Israele affermano continuamente che tremila anni fa esisteva il regno di Israele, che a Gerusalemme esisteva il tempio di Salomone, di cui il Muro del Pianto sarebbe uno dei resti. Gli archeologi israeliani, fortemente spinti dalla propaganda nel trovare prove storiche dell’esistenza di questo regno, hanno dichiarato che non è stato rinvenuto nulla che facesse pensare a uno Stato di tali dimensioni risalente addirittura a mille anni prima di Cristo, come vuole la tradizione”.

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“Gli archeologici e lo stesso Herzog, con grande onestà intellettuale, hanno affermato che non è esistito un popolo di Israele in Egitto – ha proseguito Neri –, come non è esistito Mosè, né Salomone, né David e nemmeno le dodici tribù d’Israele. La dimensione del riferimento davidico è un fatto che deriva dal ’48, con la conseguenza che si ammazzano creature vere perché Dio me lo ha detto. È una destrutturazione della dinamica storica che deriva da una tradizione mitologica come il Vecchio Testamento, che non trova fondamento o prove”. Tale episodio è stato riportato in Italia anche dallo storico Alessandro Barbero.

Secondo quanto affermato durante la relazione, il vero problema dei palestinesi è quello di essere stati isolati e abbandonati dalla comunità internazionale, costringendoli a convivere con un vicino che ne vuole la distruzione e compie quotidianamente crimini nei suoi confronti: occupazione di case, impossibilità di costruire pozzi per l’acqua, negazione di diritti politici, sudditanza economica nei confronti delle aziende e degli istituti di credito israeliani.

Luciano Neri ha proposto anche una soluzione per la pace: “Non esiste altra possibilità della cultura per fermare la violenza. La cultura è relazione: ad esempio un contadino che si prende cura della terra esprime una cultura. Cos’è che ci fa essere così bestiali? Il motivo è che noi rompiamo il meccanismo della relazione. Noi pensiamo di essere i proprietari del mondo, quando in realtà ne siamo solo abitanti. Dobbiamo fare appello alle nostre conoscenze per capire che quello che ci viene proposto dai media ufficiali italiani sul tema non è vero, bisogna usare la cultura per perseguire la pace”.

Nel corso della serata è intervenuto anche Mario Capanna, il quale ha affermato che il proprio libro è il frutto di “esperienze ed emozioni personali”. Ha inoltre parlato di quanto noi, come cittadini dell’Occidente, possiamo fare per porre fine al conflitto e cercare di salvare la vita di uomini, donne e bambini palestinesi: “L’obiettivo dell’incontro di stasera non è vendere un libro. È unire le coscienze contro la propaganda e il colonialismo e a favore della pace. Israele ha dichiarato che bisognerà fare in Cisgiordania quanto fatto a Gaza. Quella dell’occidente e di Israele è l’insipienza della prepotenza. Al di là delle contorsioni, ora l’opinione pubblica mondiale deve unirsi nel richiedere la costituzione di uno Stato palestinese, poiché senza di esso non ci sarà mai la pace”.

Al termine della presentazione sono seguite numerose domande dal pubblico. Nello spiegare il senso del “lungo inganno” del titolo, Luciano Neri ha affermato: “Tutto il discorso di pace è stata sempre una finzione. Non c’è mai stata la trattativa. Il capo negoziatore a Oslo ha detto che non ci sono mai stati veri accordi di pace: si è entrati nelle trattative con obiettivi diversi. Israele voleva negoziare per impedire la costituzione dello Stato palestinese, i palestinesi per costituirlo! Non si è mai arrivati a una distinzione definitiva dei confini israelo palestinesi, e questo permette le incursioni dei coloni nelle case dei palestinesi. Non c’è mai stata alcuna generosa offerta. Stati come Canada, Italia e Usa che non riconoscono l’esistenza dello Stato palestinese, non possono essere mediatori. Inoltre, è documentato come Israele abbia finanziato i primi gruppi integralisti islamici proprio per fermare e screditare Yasser Arafat”.

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Capanna e Neri con Laura Caruso e Ilaria Margutti di CasermArcheologica (al centro)

Capanna ha invece portato un messaggio ricco di speranza: “Quello che abbiamo appreso in tutti questi anni è che nessuno dei due popoli è in grado di eliminare l’altro. Entrambi sono condannati a convivere. Il modo più intelligente è farlo in pace. Il comportamento di Israele richiama le crudeltà nazista e i morti palestinesi da un anno a questa parte sono molto più numerosi delle vittime dell’attentato del 7 ottobre. Oggi 147 Paesi alle Nazioni Unite hanno detto che sono disposti a riconoscere l’esistenza della Palestina. Noi dobbiamo capire che siamo maggioranza: mai come oggi in passato ho visto tanto interesse, tanto accordo e tanta preoccupazione per quanto accade al popolo palestinese. Dobbiamo essere noi come società civile a dire ai nostri governi che anche la Palestina ha diritto di esistere”.

Capanna, dopo la conferenza, in occasione del firmacopie, ha avuto modo di rispondere anche a un’ulteriore domanda:

Parte della società israeliana non si riconosce nel suo attuale governo e da mesi si susseguono le proteste di piazza contro Benjamin Netanyahu. Pensa che un cambio al vertice possa portare a una trattativa di pace e la nascita di uno spazio sicuro per i palestinesi?

“Senza una forte pressione internazionale, no, non ci sarà un cambiamento nei confronti della Palestina. Il popolo israeliano, anche in virtù della propaganda cui è esposto, ha sempre in mente l’idea del grande Israele. Anche un governo laico e non fascista, senza una forte pressione dei Paesi stranieri, non cambierà la situazione, perché la spinta dall’interno non basta”.

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