La giustizia mite e riservata di Piero Cenci. Presentato il libro del giudice che fu presidente del tribunale minorile

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20 Novembre 2017

Anche il viceministro dell’Interno Giampiero Bocci è intervenuto alla presentazione tifernate del libro Quando i giudici non indossavano lo spezzato, scritto dal giudice Piero Cenci, pochi mesi prima della sua scomparsa, avvenuta nel 2009, ed ora pubblicato dalla famiglia per i tipi della casa editrice “Futura”. Il volume, un memoir vivace e pensoso, entra, attraverso le tappe della carriera del giudice Cenci, nei meccanismi dell’amministrazione della giustizia e ne coglie ogni aspetto, quello tecnico, quello umano, quello di costume. “In lui uomo e magistrato non furono mai distinti”: potrebbe essere questa la sintesi di Piero Cenci, che alcuni hanno conosciuto direttamente altri indirettamente ma che certamente a Città di Castello nessuno ha dimenticato stando al pubblico numeroso che è intervenuto nella Sala del consiglio comunale, dove l’Amministrazione e la famiglia avevano dato appuntamento.

“Anche per questo, dopo l’esordio di Perugia, è un onore essere qui” ha detto nei saluti il sindaco Luciano Bacchetta, ricordando “come la giustizia abbia bisogno di buone leggi e di esecutori dall’umanità grande” mentre il figlio Daniele Cenci, che ha ereditato la toga del padre, prima giudice della sezione distaccata del Tribunale di Città di Castello ed ora consigliere di Cassazione, ha raccontato la storia di un libro a partire dal titolo, “derivato dalla ramanzina che Piero Cenci aveva subito da un superiore perché il suo abbigliamento casual era inadatto al decoro di un magistrato. Lo abbiamo scelto perché sintetizza l’animo capace di profondità e di leggerezza di mio padre come persona e come giudice, dato che le due dimensioni non furono mai distinte. Rappresenta un messaggio di speranza nella Giustizia, in un momento storico in cui bassa è la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, e, in particolare, speranza in una giustizia che sia mite, serena e dal volto umano”. “Ma è anche un vademecum deontologico per i giovani che si avvicinano alle professioni connesse all’esercizio della giustizia. Stile sobrio, sempre in ascolto, Piero Cenci amava la giustizia di prossimità e in quanto figlio di Carabiniere anche la polizia di prossimità, capace di entrare in sintonia con il cittadino”.

Edito dalla casa editrice Futura, rappresentata durante l’incontro da Fabio Versiglioni, il volume contiene le illustrazioni di due dei molti nipoti del giudice Cenci, Giovanni e Michelangelo: la scansione dei capitoli accompagna il giovane magistrato fino all’incarico di Presidente del Tribunale dei Minorenni dell’Umbria. Piero Cenci (1940 - 2009) ha svolto la sua carriera di magistrato dal 1965 in poi prevalentemente, anche se non esclusivamente a Perugia: Pretore (prima a Bagno di Romagna, poi a Castiglione del lago), Giudice del Tribunale, civile e penale, ordinario di Perugia - sino al 1978; Giudice del Tribunale per i minorenni dell’Umbria; Procuratore della Repubblica - dal 1991 - e infine - dal 2005 Presidente del Tribunale per i minorenni dell’Umbria. Ha inoltre ricoperto per molti anni l’incarico di Presidente della Fondazione Umbra contro l’usura.

Il ricavato degli introiti della vendita del libro saranno devoluti alla Casa Famiglia S. Lucia di Gubbio, che, attraverso madre Dorotea Mangiapane, ha ricordato la figura del giudice, a cui anche Cristina Volpi, in rappresentanza dell’Ordine degli avvocati di Perugia ha fatto riferimento con un ricordo personale. Ognuno è sembrato aver conservato qualcosa del magistrato, che scelse, rifiutando anche la Procura generale della Repubblica a Perugia, di occuparsi di minorenni come Presidente del Tribunale e che “rese genitori tante coppie e tante famiglie felici” ha raccontato l’avvocato Fabrizio Alessandro Passarini, parlando della sua esperienza di adozione grazie “al presidente che ci accolse con umanità e anche quella volta indossava uno spezzato”.

Nel corso della presentazione, chi fosse Piero Cenci è emerso da alcune costanti dei testimoni chiamati a ricostruire la sua personalità: per Fabio Nisi, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio che lo conobbe nella sua professione di avvocato, “la sua idea di giustizia mite non è confinata ai minori ma è generale. Nel libro non si astiene dall’esprimere opinioni e dal criticare i vizi di tutte le parti in causa. Avvocati, giudici, pm, ognuno chiamato a servire il cittadino e a farlo con decoro”. Mauro Volpi, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Perugia, ha evidenziato come “la vena ironica che attraversa il libro si ombra di tristezza quando parla di minori. Piero Cenci fu uomo di essere più che dell’apparire e contribuì a rifondare la giustizia minorile, sapendo che un delinquente adulto era il frutto di un fallimento nell’intervento su un minore”. Il magistrato Francesco Loschi ha puntato l’attenzione su quella che ha chiamato “disumanità di giudicare un uomo uguale a te. Applicare il diritto è un’arte e non una scienza ma questo implica un margine di soggettività e di discrezionalità incomprimibile da parte dei giudici. Il nostro compito contiene una responsabilità enorme e dobbiamo tenerne conto quando amministriamo la giustizia: questa è una delle molte lezioni, a volte impartite con il sorriso sulle labbra, che il giudice Cenci affida ai suoi ricordi”. Il viceministro Giampiero Bocci, ha invece scelto “la riservatezza” tra le molti doti del giudice, ricordando come “nessuno dei suoi fascicoli lo abbiamo ritrovato sui giornali. Ha lavorato lasciando una traccia importante, come dimostra la tanta gente oggi presente in sala, ma senza fare rumore, perseguendo l’interesse superiore che coincide con quello del cittadino, che però sempre più spesso si sente vittima, ostaggio di un sistema”. Richiamando la cultura e la formazione cattolica di Cenci, Bocci ha evidenziato due aspetti: “Quando siamo dentro una sede istituzionale, dobbiamo sentirne l’autorevolezza, rispettarlo anche con la forma, perché in questo caso diventa la sostanza. Vale per il Parlamento come per un aula di giustizia. Il leit motiv dello spezzato ci ammonisce su questo. Cenci non rimpiange niente tranne il Pretore, alle cui udienze pubbliche la gente assisteva e poi andava in piazza, fungendo da collettore. C’era fiducia nella giustizia, ora non più e dobbiamo capire perché è accaduto e come ravvivare un rapporto fondamentale per la coesione sociale e la democrazia”.

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