Il gioco degli scacchi come metafora della vita

di:
23 Gennaio 2018

Il gioco degli scacchi come metafora della capacità umana di autodistruzione e come simbolo dell’incontro – scontro fra solitudini diverse: è “Zugzwang”, originale spettacolo teatrale del quale il regista britannico ha curato la regia appunto ma anche l’adattamento per il palcoscenico della “Novella degli scacchi”, scritta a inizio anni Quaranta dal grande autore austriaco Stefan Zweig. La pièce è stata presentata nella stagione teatrale di Laboratori Permanenti al Teatro Alla Misericordia, come residenza della giovanissima compagnia romana Oroboro, formata dai suoi quattro fondatori, gli attori Giuseppe Menzo, Mirco Tahoun, Asia Coronella e Dalila de Marco. “Zugzwang” è la storia di una campionessa mondiale di scacchi e del dottor Wilhelm Bach, un avvocato già detenuto e torturato nelle carceri di un regime oppressivo, che nel corso di un meeting internazionale di scacchi su un grande transatlantico, sconfiggerà la scacchista. Lo spettacolo usa varie tecniche teatrali, utilizzando appunto i quattro attori ma anche proiezione, suono, musica e marionette.

Assai interessante l’impianto registico e scenografico, che fa emergere dall’oscurità le diverse situazioni con sapienti giochi  di luci. Molto rilevante poi il lavoro sul testo, nella non facile operazione di tradurre sulla scena una scrittura non nata per il teatro. Giles Smith risolve il tutto presentando in contemporanea le vicende della campionessa di scacchi da una parte e del prigioniero dall’altra. Il risultato convince pienamente quanto a scrittura e concezione generale della rappresentazione, mentre i giovani attori rivelano la loro acerbità a confronto con una prova così impegnativa. E’ auspicabile che nel corso delle repliche gli interpreti amplino la loro confidenza con il testo, in modo da rendere appieno le tante valenze che questo complesso copione racchiude. Un pubblico attento e partecipe ha comunque accolto con calore lo spettacolo.

Tags