Tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio: confini, diatribe e cartografia storica

La divisione amministrativa della piana del Tevere tra Gricignano e il territorio di Citerna

04 Luglio 2024
“Dimostrazione del Confine della Città di Borgo di S. Sepolcro di S.A.R.”

“Dimostrazione del Confine della Città di Borgo di S. Sepolcro“ (Antonio Matteo Lancisi, 1731)

L’Alta Valle del Tevere è un territorio che la Geografia ha creato unito ma che poi la Storia ha diviso. Sono state varie, infatti, le vicende che nel corso dei secoli hanno portato alla definizione di un assetto amministrativo imperniato su una netta ripartizione duale che, dal 1441 fino all’Unità d’Italia, ha visto la parte sud-orientale appartenere allo stato Pontificio e quella nord-occidentale prima alla Repubblica e al Ducato di Firenze, poi al Granducato di Toscana.

I segni di queste antiche divisioni sono tuttora riscontrabili non solo in termini istituzionali, dato che quello che un tempo era un confine statale oggi è una linea di demarcazione tra due regioni, ma anche da un punto di vista paesaggistico, toponomastico e cartografico. In altre parole, attraverso un’attenta analisi del territorio e la simultanea consultazione delle relative carte storiche, si possono ancora oggi individuare testimonianze di epoche passate che, più o meno materialmente, si sono sedimentate nella piana del Tevere.

Soffermandosi sull’area che va da Gricignano a Fighille si possono talvolta individuare i tratti di quello che una volta era un confine tra due stati e che oggi, senza troppi mutamenti, divide ancora la Toscana dall’Umbria: questo può essere visualizzato per il tramite di fossi, strade, alberature o anche attraverso la semplice divisione di appezzamenti agricoli.

Limiti degli appezzamenti che ricalcano l’antico confine di stato e quello che oggi divide la
Toscana dall’Umbria.

Non potendo contare sugli strumenti odierni, in passato l’immutabilità dei confini era affidata proprio a tali punti di riferimento che poi venivano riportati scrupolosamente nelle relative rappresentazioni cartografiche. Nonostante ciò, come dimostrano tre carte del 1731, poteva accadere che nel tempo si verificassero difformità sui limiti reciprocamente riconosciuti: in questi casi diventava dunque necessario denunciare quanto rilevato registrando graficamente l’anomalia con l’unico strumento di cui si disponeva, ovvero, una carta topografica. Sono dunque ben tre le raffigurazioni del territorio che quasi trecento anni fa vennero realizzate per volere di Sua Altezza Reale (S.A.R.), ovvero il granduca Gian Gastone de’ Medici, ricordato – tra l’altro – per essere stato l’ultimo sovrano della famiglia Medici prima dell’insediamento dei Lorena.

Carta
“Delineazione del Capitanato e Territorio della Città di Borgo S. Sepolcro”, carta realizzata da
Antonio Matteo Lancisi nel 1731.

In ognuna delle tre carte sono ben rappresentati i limiti amministrativi, i diversi elementi che fungevano da riferimenti e, soprattutto, due punti in cui vengono messe in evidenza delle presunte modifiche del confine. Il primo di questi riguarda un tratto che divideva il Granducato dallo Stato Pontificio nei pressi del Mancino, vicino all’antico Mulino di Spino (oggi Torre del Guado). Qui viene riportato schematicamente, nonché spiegato tramite legenda, un intervento antropico che avrebbe sottratto ai toscani la strada che costeggiava il fosso della Caviera, un piccolo corso d’acqua che dopo essersi originato – poco più a monte – dalla reglia dei mulini, poi per un tratto ne seguiva il percorso in maniera parallela: secondo il cartografo, il “commandante dei Carabinieri” Antonio Matteo Lancisi, i citernesi avrebbero piantato degli alberi tra la riva del fosso che scorreva nel Granducato e la strada che fungeva da confine, così da spostare questo di qualche metro e far ricadere la carreggiata interamente nel proprio territorio. In pratica gli umbri avrebbero quindi effettuato la piantumazione con il fine di utilizzare in maniera elusoria quello che convenzionalmente era considerato un segno divisorio. Oggi andando fisicamente nel tratto “incriminato” è dunque interessante constatare che a distanza di tre secoli la piantana, composta prevalentemente da pioppi, c’è ancora e con il tempo, soprattutto dopo la parziale scomparsa della strada, è andata formalmente a definire il limite che ancora separa le due regioni.

Carta
Il confine tra i due stati con la piantana che concorreva visivamente a collocare la strada (indicata
in rosso nella parte toscana e in giallo in quella umbra) interamente nei possedimenti pontifici.
Nella legenda si legge: “Alberi piantati dalli citernesi lungo la riva della Caviera”.
Alberata
La piantana lungo il fosso così come si presenta oggi.

Lungo l’alberatura rappresentata in tutte e tre le carte viene, tra l’altro, indicato un piccolo ponticello, segnalato come “Ponte del Confine di San Romano”. Come testimonia la foto sottostante, tale punto di attraversamento, assieme alla strada che costeggia il fosso, è visibile ancora oggi (anche se costituito da struttura moderna).

Ponte del Confine a S. Romano
Il “Ponte del Confine di San Romano” così come appare oggi in prossimità dell’omonimo vocabolo
situato nella parte umbra, poco dopo il confine regionale.

Un altro ponte rappresentato nelle carte del Settecento è quello che lungo la reglia (o gora) dei mulini viene curiosamente menzionato, senza fornire ulteriori dettagli, come il luogo in cui “fu consegnato un bandito”.

Ponte Bandito
Il ponte, lungo la reglia dei mulini, in cui fu consegnato un bandito (non troppo distante da quello
del confine).
I due ponti
Il due punti di attraversamento indicati sulle carte del 1731 utilizzabili ancora oggi. Con la linea
gialla è stato indicato il confine odierno che, se si escludono i pochi metri della strada che
costeggiava il fosso della Caviera, coincide con quello che un tempo divideva i due stati.

Tornando alle diatribe sui confini, il secondo punto in cui viene rilevata un’importante alterazione è quello che due delle tre carte esaminate raffigurano in prossimità del fiume Tevere: anche qui, secondo il Lancisi, i limiti precedentemente pattuiti sarebbero stati modificati da una studiata piantumazione di alberi che, nel disegnare una linea retta, avrebbe consentito allo Stato Pontificio di acquisire indebitamente alcuni terreni in prossimità del fiume. In questo caso, dopo aver addossato la responsabilità di tale azione ad “un lavoratore dello stato ecclesiastico”, l’autore della carta cerca di dimostrare l’avvenuta modifica ricorrendo ad argomentazioni che contemplano altri punti riferimento che in passato erano, come si evince dal testo della legenda, vicendevolmente riconosciuti dalle autorità di entrambi gli stati. È in questo frangente che si fa riferimento ad un intervento di irreggimentazione idraulica che nel 1573 aveva riguardato il Tevere: dato che fino a quel momento il fiume era soggetto a frequenti divagazioni, in quell’anno il suo alveo fu ristretto notevolmente per bonificare una porzione della piana e ricavare maggiori terreni da adibire alle coltivazioni. I segni di questo vecchio argine vengono indicati nella carte settecentesche con la dicitura di “grotte” o “greppe”: oggi di queste non rimane pressoché nulla, se si esclude la suggestione di via Battistoni – cioè della strada che collega Gricignano alla località citernese de La Fornace – la quale, presentandosi per un tratto leggermente sopraelevata rispetto ai terreni circostanti, sembra rievocare i vecchi argini del Tevere citati nelle carte del 1731.

In definitiva, anche in questo caso è stata denunciata una modifica dei confini che però, come si può appurare osservando l’andamento degli attuali limiti regionali, con il tempo è stata recepita e, senza troppe recriminazioni, confermata dalla leggera deviazione del fosso di Vaiano – indicato e conosciuto anche come Gavina delle Servitelle – che oggi segna il confine tra Toscana ed Umbria.

Confine Tevere
“Dimostrazione del Confine della Città di Borgo di S. Sepolcro di S.A.R.”, carta realizzata da
Antonio Matteo Lancisi nel 1731. Nel cerchio più grande è indicata la piantana che avrebbe
modificato il confine di stato, mentre in quello più piccolo i resti del vecchio argine del Tevere.
Argine del Vaiano
Il terrapieno di via Battistoni con il fosso un tempo denominato Vaiano (oggi Gavina): è in questo
punto che, secondo le carte del 1731, si dovevano trovare i resti del vecchio argine del Tevere.

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La divisione amministrativa della piana del Tevere tra Gricignano e il territorio di Citerna